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Il DGN Vincenzo Sassanelli socio onorario del Club di Molfetta

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Una serata colma di spirito di servizio, organizzata dal Rotary Club Molfetta dal titolo “La Rotary Foundation… praticamente”, che ha visto come ospite speciale Vincenzo Sassanelli, socio del Rotary Club Bari, già membro di più di un Direttivo Distrettuale e DGN.
Una breve introduzione, a cura del Segretario del Club Molfetta Vito Valente, ha permesso ai presenti di comprendere appieno la portata dell’impegno rotariano dell’ing. Sassanelli: socio dal 2003, è stato membro della task force per le costruzioni del Rotary International, operando non solo in tutta Europa, ma anche in Asia e Africa, ottenendo per il suo lavoro numerose onorificenze.
Ed è per il suo impegno costante e costruttivo profuso nel Distretto, nonché per la vicinanza mostrata negli anni al Club che il Presidente Felice de Sanctis ha avuto il piacere di rendere Vincenzo Sassanelli Socio Onorario del Rotary Club Molfetta. Sassanelli, commosso, ha ringraziato calorosamente parlando del suo forte legame con il Club, al quale ha riconosciuto forte valenza culturale ed impegno sociale, ma anche un occhio attento ai giovani.
La conferenza è proseguita con la relazione di Sassanelli sulla Rotary Foundation: dalle origini ad oggi, l’Associazione è molto cambiata in organizzazione e gestione delle risorse finanziarie, ma una cosa fondamentale è sempre stata chiara sin dagli albori, ovvero che la mission fosse quella di offrire il proprio tempo e le proprie risorse per la comunità. Negli anni anche le aree di intervento si sono ampliate, inglobando non solo pace tra i popoli e prevenzione di conflitti, ma anche alfabetizzazione e diffusione di istruzione di base, prevenzione e trattamento di malattie, sanificazione ed igiene dell’acqua, sviluppo economico di comunità e supporto alle cause di salvaguardia dell’ambiente.
Dopo una dettagliata illustrazione sulle cifre che la Fondazione Rotary utilizza per sovvenzionare piani globali, la relazione dell’ing. Sassanelli si è conclusa con l’orgoglio di aver contribuito alla sensibile diminuzione dei casi di poliomielite nel continente africano e l’augurio che “si torni a mettere il ‘noi’ davanti all’io, perché noi esseri umani non abbiamo mai funzionato da soli: insieme è rumore e fragore.”
Il presidente del Rotary Club Molfetta Felice de Sanctis ha inoltre colto l’occasione per consegnare il distintivo di Benefattore della Rotary Foundation al socio e segretario del Club Vito Valente per il suo impegno disinteressato, il suo generoso appoggio e l’affetto profuso alla Fondazione, qualità riconosciute anche a livello distrettuale.
Ed in questa serata di riconoscimenti, Felice de Sanctis ha voluto fare un dono a livello personale omaggiando il Rotaract Club Molfetta con campana e martelletto, simbolo di ordine e di guida saggia del Club, utile per segnare inizio e termine delle assemblee dei soci, di cui il Club era sprovvisto. Il presidente del Rotaract Pietro Minervini, accompagnato dalla Delegata di Zona Senada Demaj, ha ritirato con piacere il dono, ringraziando de Sanctis per questo gesto pieno d’affetto e vicinanza al Club a nome di tutti i ragazzi che ne fanno parte, coi quali si è riuscito ad instaurare rispetto ed amicizia anche al di fuori delle iniziative rotariane.

Annamaria Leone: vi racconto il mio Ryla – Esperienza di connessioni, amicizie, leadership

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“La qualità che penso mi caratterizzi maggiormente è l’ascolto, e grazie a questa esperienza ho potuto metterla molto in pratica per migliorarmi”: così esordisce Annamaria Leone, studentessa di Scienze e Tecniche Psicologiche, vincitrice del Premio Rotary Scuola e di un posto all’interno del programma Ryla (Rotary Youth Leadership Awards), nonché volontaria presso parecchie realtà locali volte al migliorare la qualità della vita degli utenti.
La ascoltiamo come relatrice all’evento organizzato dal Rotary Club Molfetta dal titolo “Vi racconto il mio Ryla”, tenutosi il primo aprile presso la sala congressi del Pàlato Bistrot, dopo una breve introduzione a cura del Presidente Rotary Felice de Sanctis. È interessante vedere come un’esperienza mirata allo sviluppo delle doti da leader ed alla formazione di legami interpersonali riesca a fornire questi nuovi strumenti in un concentrato di emozioni, ed è forse questo mix perfettamente bilanciato ciò che rende questa esperienza unica nel suo genere.


Nonostante la sua riservatezza appena visibile sotto un’esplosione di grinta, Annamaria Leone si districa tra i racconti della sua intensa settimana di formazione, in cui le persone hanno fatto la differenza. Ci riporta, infatti, alcuni degli incontri pieni di spunti di riflessione: da lezioni frontali di leadership tenute dal coach Marco Rotella, a visite nel porto di Bari tra storia e attualità guidata dal prof. Ugo Patroni Griffi, per passare poi al racconto della maestosa Cattedrale di Bari tenuto dal Priore don Francesco Lanzolla, ed infine all’esperienza da imprenditore locale di Alessio Lorusso, CEO e fondatore di Roboze (azienda produttrice di stampanti 3D).
Non sono mancate anche occasioni di condivisione con i suoi colleghi; Leone ci spiega, infatti, che i partecipanti sono stati divisi in piccoli gruppi che avrebbero sviluppato un progetto a partire da uno dei temi di leadership trattati, per poi presentarlo con il supporto visivo di un file Power Point. “Eravamo a corto di idee per il nostro progetto – ci dice – e ne avevamo discusso per gran parte della cena. Ma quella sera, in un momento quasi di sconforto, ci è giunta l’idea illuminante. Ci siamo detti è quella giusta, parleremo della Torre di Pisa come metafora degli errori che portano all’unicità e al progresso.” Perché un buon leader è in grado di riconoscere l’errore, ammetterlo senza punirlo ed infine trovare un modo per migliorarlo; un po’ come è successo con la Torre di Pisa quando, una volta riconosciuto, l’errore è stato accolto come sfida e implementato, rendendo questa costruzione unica. In fondo, non è l’errore una forma molto umana di conoscere il mondo?


Annamaria Leone prosegue il suo discorso dichiarando di aver imparato molto dalla collaborazione con i suoi compagni di squadra, poiché ognuno di loro ha un background diverso e ci ha messo il del suo, arricchendo il progetto di nuovi punti di vista. Inoltre, confessa che essere ‘costretta’ ad interfacciarsi con persone che non conosceva per non rimanere isolata l’ha spinta a mettersi in gioco ed uscire dalla sua comfort zone, ma anche a saper rispettare le differenze quando la convivenza diventava più difficile.
Nello spazio dedicato agli interventi, alla domanda posta da Felice de Sanctis ‘Cosa ti è rimasto di questa esperienza, dal punto di vista umano oltre che da leader?’ Leone afferma: “Dal Ryla ho imparato che l’errore è importante perché ci accomuna tutti nella vita quotidiana, per questo bisogna saperli riconoscere anche in ambito aziendale senza condannarli. E poi, ho realizzato che i limiti insormontabili spesso sono solo autoimposti, che le buone idee sono spesso quelle che arrivano per caso e la gentilezza inaspettata può svoltare la giornata. Credo inoltre che le persone giuste forse sono proprio quelle che ci sembrano troppo diverse da quello che crediamo di essere”.
La relazione di Annamaria Leone si conclude con l’augurio che altri giovani possano entrare in contatto con il mondo del Rotary ed avere una grande opportunità come quella che ha avuto lei, mentre noi non possiamo che complimentarci e ringraziarla per averci permesso di viaggiare un po’ tra i meravigliosi racconti di questa avventura emozionante ed estremamente formativa che è il RYLA, attraverso i suoi occhi gentili e colmi di emozione e (forse) con un pezzettino di Rotary nel cuore.

Presunzione di innocenza e processo mediatico webinar interclub Rotary-Rotaract

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Avvisi di garanzia “anticipati” dai giornali; pagine intere di intercettazioni pubblicate sulla stampa; interrogatori di indagati, a volte addirittura in stato di detenzione, divulgati in rete senza filtri; immagini di imputati in manette trasmesse in tv. I processi oggi sembrano celebrarsi più che nelle aule giudiziarie sui giornali e soprattutto in rete, con effetti sui quali, forse, vale la pena riflettere. E´ una conquista della modernità l´aver reso pubblico (e quindi non arbitrario) il processo. Ma la non-segretezza del giudizio, valore essenziale della democrazia, non vuol dire gogna mediatica: è ineludibile garanzia di legalità nel “giusto processo” e non la trasposizione integrale in rete di ogni singolo dettaglio di vita privata che sia presente negli atti giudiziari.
I rischi del processo mediatico sono infatti tutt´altro che irrilevanti: per i singoli e per la società tutta. Il voyeurismo, in primo luogo, alimentato da quel giornalismo “di trascrizione” che sfrutta strumenti d´indagine preziosissimi, quali le intercettazioni, ma estremamente pervasivi, per soddisfare la curiosità morbosa del pubblico spesso ben oltre le esigenze informative rispetto a fatti, essi sì, di interesse pubblico.
A ricordarlo è stato il presidente del Rotary Club di Molfetta, Felice de Sanctis nella sua introduzione all’interessantissimo webinar su “Presunzione di non colpevolezza e processo mediatico. Come i media influenzano l’opinione pubblica” con due relatori d’eccezione, il dott. Gennaro Francione, già magistrato e consigliere di Corte di Cassazione, scrittore, attivista socio-culturale e il dott. Eugenio D’Orio, biologo forense, docente presso l’Università degli studi di Napoli “Federico II”.
L’interrante incontro si è tenuto martedì 5 aprile tra il Rotary e il Rotaract Club di Molfetta in collaborazione con i Rotary e-Club Vesuvio (Distretto 2101) e Bari Alto “Terra dei Peuceti”, per i Rotaract c’erano Acquaviva delle Fonti – Gioia del Colle, Bari Alto, Lecce e Taranto.
Il dott. Francione ha saputo illustrare quanto una notizia, e soprattutto il modo in cui viene comunicata, possa influenzare l’opinione pubblica e talvolta anche l’andamento del processo, facendo capire quanto sarebbe importante e necessario riformare il sistema giudiziario.
Il dott. d’Orio ha, invece, inquadrato il suo discorso da un punto di vista scientifico, portando esempi di utilizzo delle prove e di buona manipolazione dei reperti, tratti da alcuni casi di dominio pubblico.
In sostanza bisogna puntare più sulla tavola delle prove legali che sugli indizi per garantire maggiormente l’imputato. Il processo indiziario è sempre rischioso perché con gli indizi si possono
Questo evento è stato una preziosa occasione di riflessione su temi non sempre discussi, testimoniato anche dalla grande partecipazione di esterni al mondo rotaractiano e rotariano.

Santità è convivialità delle differenze. Si parla di don Tonino al Rotary di Molfetta con Giancarlo Piccinni Presidente della fondazione dedicata al Vescovo Venerabile

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Prima Servo di Dio, oggi Venerabile, figura emblematica della fine del Novecento che ha lasciato nei cuori di coloro che l’anno conosciuto una traccia indelebile. Un ricordo incancellabile del suo profondo amore per la vita e gli uomini. Non v’era in lui nessuna ingordigia, né austerità. Era un uomo semplice, nato in una famiglia modesta. Ha trascorso un’infanzia tranquilla, minata però dalla morte precoce dei fratelli e del padre. Ordinato sacerdote, porta avanti le sue idee con semplicità, la stessa semplicità che conserva anche quando viene nominato vescovo. Anche da vescovo, infatti scelse una vita sobria, semplice, di grande umiltà: andava spesso in bicicletta, in auto guidava da solo, discorreva al bar con la gente. Forbito e poetico scrittore, coniugava il magistero evangelico con il servizio di persona alle famiglie di sfrattati che aveva accolto nella propria abitazione del palazzo vescovile. Non temeva di esporsi anche nelle manifestazioni pubbliche partecipando ai cortei non violenti e pacifisti in occasione dei conflitti internazionali.Si tratta di mons. Antonio Bello, conosciuto ai più come don Tonino nato ad Alessano il 18 marzo del 1935. In memoria dell’amato Vescovo il Rotary Club di Molfetta in collaborazione con la Fondazione don Tonino Bello di Alessano, ha organizzato un incontro a Palato sul tema “Santità è convivialità delle differenze”.

Ad introdurre la serata, è stato il presidente del Rotary Club di Molfetta, Felice de Sanctis, che ha sottolineato come in questo particolare momento storico minato dal conflitto russo – ucraino, don Tonino manchi ancora di più. Proprio lui che parlava degli uomini come costruttori di pace e convivialità tra le differenze. Proprio lui che sognava la “chiesa del grembiule”: una Chiesa povera per i poveri che si spinge oltre il dovere dell’elemosina, che cammina con le persone indigenti e ne condivide i problemi e le speranze. Condivisione: una parola chiave che ben si sposa con il motto del Club, “Accogliere e condividere in amicizia”.Il relatore della serata, il cardiologo dott. Giancarlo Piccinni, Presidente della Fondazione intitolata a don Tonino, ha messo insieme, quasi come un collage momenti di vita trascorsi al fianco di don Tonino e insegnamenti da lui lasciati ai contemporanei e alle generazioni future, quasi come una sorta di profezia.

A questo proposito, già nel 1986 don Tonino presagì una serie di minacce che avrebbero insidiato il III millennio e che oggi risultano più che mai calzanti. Dall’aumento delle disuguaglianze nel mondo all’ulteriore impoverimento delle fasce dei più bisognosi, dalla minaccia atomica a quella cibernetica sino al degrado ecologico. Pensieri e preoccupazioni che oggi risultano più che mai attuali, spaventosamente appropriate al nostro tempo. E non è tutto. In un articolo pubblicato nel 1991 su “Avvenire” sul tema della crisi che avrebbe investito l’Europa tutta, ammoniva come l’Europa stessa dovesse essere veramente una casa comune e non una cassa comune. Una forma di unità nella diversità, di convivialità delle differenze e non un’evoluzione basta sul principio della forza e del potere: non doveva essere soltanto un insieme di Paesi mossi da ragioni di tipo economico bensì un’energia promotrice della forza del pensiero e non del pensiero della forza. Evidente la sua capacità di stare nella Storia, di capire l’evoluzione sociale. Don Tonino diceva che bisogna avere occhi nuovi per poter stare nella Storia, per stare – secondo la sua parola – nelle vene della Storia. Una Storia, quella attuale scandita da un altro tema caro a don Tonino: la paura. Paura della guerra, del terrorismo, di questa apocalisse a rate che ci viene somministrata dalla produzione crescente delle armi e dal loro squallido commercio, della recente e non ancora archiviata pandemia sino allo spaventoso e ingiustificato conflitto russo-ucraino. Paura di non farcela ad uscire dal pantano in cui ci siamo infognati, paura che sia inutile impegnarci tanto il mondo non possiamo cambiarlo, paura che oramai i giochi siano fatti. Una paura che però va affrontata con il supporto della fede.

Come diceva don Tonino, il Signore rivolge a noi lo stesso invito che l’Angelo rivolse a Maria: “Non avere paura, non temere”. Il Signore usa due verbi bellissimi: alzatevi ed elevate il capo. Sono i due verbi dell’anti paura, sono le due luci che ci devono accompagnare: “alzare il capo”, “alzarsi” significa credere che il Signore è venuto 2000 anni fa proprio per aiutarci a vincere la rassegnazione. Alzarci significa riconoscere che se le nostre braccia si sono fatte troppo corte per abbracciare la speranza del mondo, il Signore ci presta le sue.  Allargare lo spessore della fede, allargare lo spessore della speranza puntando lo sguardo verso il futuro da dove Lui verrà un giorno nella Gloria per portare a compimento tutta la sua opera di Salvezza. Un messaggio incoraggiante e che fa da cuscinetto allo sfacelo economico, sociale, morale ed etico del tempo che stiamo vivendo. Come spiega Piccinni – sembra essere tornati alla preistoria – tempo in cui l’omologazione prevale sulla diversità, i nazionalismi sull’idea di comunità e condivisione.Il dott. Piccinni ha più volte messo in evidenza i punti in comune e i pensieri che collimano tra don Tonino e Papa Francesco. Il Papa ha annunciato che è pronto ad andare direttamente a Mosca (non a Kiev) per parlare con Putin e fermare la guerra: il nostro vescovo venerabile avrebbe fatto la stessa cosa. Un’unità di intenti e di azioni, quasi un segno della Provvidenza.Ha concluso la serata l’assistente del governatore del Distretto 2120, dr. Costantino Fuiano.

Femminicidio, un dramma in crescita. Al Rotary di Molfetta il Prefetto e il Procuratore Aggiunto di Bari

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Confinate in condizione di prigioniere in casa, annientate, mandate all’ospedale e – in alcuni casi, più gravi – al cimitero. Per mano di mariti, compagni, familiari e conoscenti, per lo più. La lunga lista di maltrattamenti, abusi, violenze fisiche o psicologiche e stupri condotti sulle donne in quanto donne non rappresenta un insieme di fatti isolati.

Oggi, infatti non si parla più di “uxoricidio”, termine in cui la radice latina uxor (moglie) limitava il significato del termine all’uccisione di una donna in quanto moglie o, più in generale all’uccisione del coniuge. La coniatura del termine “femminicidio” ha consentito, invece di identificare l’uccisione di una donna in quanto tale e nel suo significato più ampio. Non a caso la sociologia ha iniziato a parlare di “femminicidio” – al singolare – anche in quanto “annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale”. E i dati degli ultimi decenni confermano una tendenza irriducibile.

Le ferite lasciate da questo fenomeno lasciano traccia nelle statistiche nazionali, nei verbali della polizia, segnano cicatrici nelle vittime, nelle madri, nei padri e tramandano fragilità indelebili ai figli. Sono 89 al giorno le donne vittime di reati di genere in Italia e nel 62% dei casi si tratta di maltrattamenti in famiglia. Nello specifico, relativamente al periodo 1° gennaio – 20 marzo 2022 sono stati registrati 57 omicidi con 19 vittime donne di cui 18 uccise in ambito familiare/affettivo: di queste, 13 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner.

Rispetto allo scorso anno si nota un lieve incremento nell’andamento generale degli eventi (da 51 a 57) mentre risulta in diminuzione il numero delle vittime di genere femminile (da 21 a 19). Di questo e molto altro si è discusso durante il convegno organizzato dal Rotary Club di Molfetta e dall’Ordine degli Avvocati di Trani, “I mille volti di femminicidi e violenza di genere: problema sociale in crescita”.

L’incontro – organizzato nell’Auditorium dell’Istituto Mons. Bello di Molfetta – si è aperto con l’intervento del presidente del Rotary Club, Felice de Sanctis che dopo i consueti saluti di rito ha introdotto i presenti all’argomento, riportando un dato sconcertante: in Italia ogni due giorni si consuma un femminicidio con una maggiore incidenza di casi nelle regioni del Nord come Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Veneto. Un abominio, questo che trova le sue radici in un fenomeno culturale e razziale in cui prevale la gelosia sulla fiducia, il possesso sull’amore, la violenza sul rispetto. Un fenomeno – come ci ha tenuto a specificare de Sanctis – che potrebbe di certo essere ridotto anche con investimenti importanti in tutti quei settori che supportano le donne che hanno il coraggio di denunciare: dai centri antiviolenza alle strutture socioassistenziali sino al potenziamento delle Forze dell’Ordine. Servirebbe anche – come ha spiegato durante il suo interevento l’avv. Marina Tangari, consigliera dell’Ordine Avvocati Trani – diffondere la cultura della legalità, del dialogo affinché attecchisca nella nostra società l’idea che a prescindere dal sesso, dall’età, dalla religione l’essere umano fonda il suo essere “umano” sul reciproco rispetto. Sicuramente di passi avanti ne sono stati fatti tanti passando una società patriarcale a una moderna attraverso uno dei segnali più importanti quale l’abolizione – il 5 settembre 1981- del delitto d’onore e del matrimonio riparatore. Ma è chiaro che le leggi da sole non sono sufficienti se alla base non c’è una educazione e una cultura adeguate che si facciano scudo a tutela della dignità dell’altro fuori da ogni paura. Ed è proprio fuori dalla paura che si può rinascere e riappropriarsi della propria vita. Ed il primo passo è sicuramente denunciare, anzi avere il coraggio di denunciare chi impunemente mette in pericolo la propria vita.

E da questo punto di vista, Molfetta è una città molto attenta e sensibile a questo tipo di tematiche tanto da fondare – come ha ricordato Luisella De Pietro, assessore alle Politiche del Lavoro e alle Politiche attività per i giovani e per le donne – il Centro antiviolenza “Annamaria Bufi”, gestito dall’associazione Pandora. Associazione che tra l’altro aveva mosso già in primi passi in questa direzione – come ha specificato l’avv. Valeria Scardigno, presidente del Centro – creando uno sportello di donne al servizio di vittime di violenza o stalking.

Quasi che la vita di una donna – come ha sottolineato la dott.ssa Antonella Bellomo, Prefetto di Bari – valga meno di quella di un uomo. Una domanda retorica che purtroppo di retorico non ha nulla. Anzi dal 9 agosto 2019 all’8 agosto 2020 si sono registrati 2.526 casi riguardanti le nuove fattispecie introdotte dalla legge 69/2019. In particolare, sono stati denunciati 718 casi di Revenge Porn, 56 di lesioni permanenti al viso, 11 di costrizione o induzione al matrimonio e 1.741 violazioni di provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. La percentuale delle vittime donne varia a seconda dei reati: 81,62% per il Revenge Porn, 24,07% per i casi di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, 63,64% in caso di costrizione o induzione al matrimonio e il 76,07% riguarda le violazioni di provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

E poi ci sono anche i cosiddetti “reati spia” che riguardano tutti quei delitti che sono indicatori di violenza di genere, espressione dunque di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica diretta contro una donna in quanto tale come ad esempio gli atti persecutori o stalking, i maltrattamenti contro familiari e conviventi e le violenze sessuali. Nel periodo gennaio-settembre 2020 l’andamento dei reati spia e` stato altalenante, con numeri comunque inferiori rispetto a quelli dello scorso anno. Questa diminuzione, tuttavia, soprattutto nel primo periodo di lockdown sembrerebbe riconducibile alla difficoltà per le donne, dovuta anche alla presenza costante del partner in casa di raggiungere i luoghi idonei ad accoglierle e di presentare eventuali denunce/querele. In questo periodo, infatti molti centri antiviolenza hanno registrato una complessiva diminuzione delle chiamate.

Concetti ripresi anche durante l’interevento del dott. Giuseppe Maralfa – Procuratore Aggiunto e coordinatore del pool “codice rosso” della Procura di Bari – che ha portato i presenti lungo lo snodo evolutivo della giurisdizione in materia di tutela delle donne, partendo dall’entrata in vigore il 9 agosto 2019 della legge n. 69/2019 nota come “Codice Rosso”. Un provvedimento questo rafforzare la tutela delle vittime dei reati di violenza domestica e di genere, inasprendone la repressione tramite intereventi sul codice penale e su quello di procedura penale. Forme di maltrattamento e brutalità spesso perpetrate per motivi futili: nel 2019, il 30% delle donne sono state uccise per motivi passionali (contro il 16% ne 2020), mentre il 29% per lite/futili motivi. Nel 2020, invece, l’omicidio per lite/futili motivi è quello predominante (40%).

L’età predominante delle vittime dei partner è 25-34 anni (l’82,4%), seguita dalle 35-44enni (78,9%), le 55-64enni (70%) e le 45-54enni (65%). Solo le 18-24enni sono uccise in eguale misura da partner, parenti e persone a loro sconosciute (tutte nel 33% dei casi).  Al contrario, i maschi di tutte le età, fatta eccezione dei minorenni e degli anziani, sono uccisi prevalentemente da persone non conosciute dalla vittima.

A concludere la serata, gli interventi programmati della presidente della Fidapa, Mari Diolini e della presidente della Consulta Femminile Marta Vilardi. Un ringraziamento speciale va al Dirigente Scolastico, prof. Maria Rosaria Pugliese che ha accolto con interesse l’invito del Rotary Club di Molfetta, fornendo la location per il convegno e dando ai presenti – attraverso il suo intervento – uno spiraglio di luce su come la formazione, l’educazione e l’istruzione possano formare uomini e donne migliori affinché l’abominio della violenza possa essere arginato. O quantomeno questo è l’auspicio.

A concludere l’interessante seminario è stato l’assistente del Governatore del Distretto 2120 Costantino Fuiano.

L’ing. Vito Bellomo al Rotary Club Molfetta: lo Spazio al servizio della collettività

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«Lo spazio ha sempre esercitato un grande fascino sull’uomo e lo esercita ancora anche se per buona parte non è più avvolto dal mistero. Grazie alla scienza oggi sappiamo molto di più di quando i primi uomini ammiravano estasiati ma anche impauriti il cielo chiedendosi cosa ci fosse dietro e dentro il sole e la luna visibili ad occhio nudo. Poi sono venute le ricerche spaziali che hanno contribuito a ridurre il mistero che ci circonda. I primi viaggi nello spazio hanno fatto il resto. Ma in tutto questo scenario si sono inseriti i satelliti artificiali (sembra ce ne siano oltre 4.000 in orbita) e la loro importanza è fondamentale per lo studio della stessa realtà terrestre e per il nostro benessere. La curiosità in questa materia non manca. E ci domandiamo a cosa serve davvero tutto questo Spazio? Così come una stanza può essere osservata da infinite angolazioni o condizioni luminose anche il settore spaziale può essere declinato in varie sfaccettature, espressioni delle molteplici finalità di satelliti, sonde e missioni spaziali».

Questo il discorso con cui il Presidente del Rotary Club Molfetta, Dott. Felice de Sanctis ha inaugurato la serata dedicata al tema dello Spazio, organizzata come di consueto presso Pàlato Bistrot. La parola è poi passata a Vito Bellomo – socio del Rotary Club di Molfetta ed esimio ingegnere aerospaziale – che ha condotto i presenti a valutare l’effettivo valore aggiunto del settore spaziale rispetto al benessere della società civile e a comprendere come lo Spazio possa essere di “Servizio” verso la Collettività.

L’illustre relatore è partito dallo spiegare cosa sia un satellite, ovvero un oggetto lanciato nello spazio che orbita attorno a qualcos’altro: può essere naturale come una luna o artificiale. Un satellite artificiale viene messo in orbita attraverso l’ausilio di un razzo a cui viene attaccato e che si stacca una volta raggiunta la posizione corretta. I satelliti artificiali vengono anche utilizzati per esplorare altre parti del nostro sistema solare tra cui Marte, Giove e il Sole. Ma non solo.

È stupefacente venire a conoscenza di quante funzionalità abbiano e in quanti settori trovino applicazione: da quello meteorologico a quello militare, dalle telecomunicazioni al monitoraggio e ottimizzazione dell’attività agricola.

Ad esempio, i satelliti meteorologici scorrono in un flusso costante di dati, segnalandoci una miriade di fatti da tutto il mondo. Le informazioni trasmesse riguardano la temperatura, le precipitazioni, la velocità del vento e i modelli di nuvole. I meteorologi usano queste informazioni per predire il tempo soprattutto per individuare forti tempeste prima che diventino pericolose. Ciò offre alle persone la possibilità di rifugiarsi dai tornado e di evacuare le aree sul percorso degli uragani.

Per non parlare del grande contributo nell’ambito delle comunicazioni: in questo caso il satellite funge da relè per i segnali da un punto all’altro della Terra. Questi satelliti sono in genere geosincroni, ovvero sono messi in orbita in modo tale da trovarsi sempre sullo stesso punto. I satelliti per le comunicazioni gestiscono segnali telefonici, comunicazioni mobili e radio da nave a terra. Trasmettono anche segnali televisivi e radio dal punto di trasmissione alle stazioni in tutto il paese.

Un’altra importante funzione dei satelliti è esplorare e mappare la Terra e altri pianeti. Molti satelliti sono dotati di telecamere che catturano immagini fisse e video della superficie del pianeta. Sono comuni anche le immagini a infrarossi che mostrano modelli di caldo e freddo. Gli scienziati usano le immagini satellitari per tracciare i cambiamenti in luoghi difficili da raggiungere, come le calotte polari.

Di fatti – come ha spiegato Bellomo – la missione ESA Cheops, ad esempio che ha avuto il compito di indagare sugli esopianeti ha scoperto la deformazione di un esopianeta, offrendo così nuove informazioni sulla struttura interna degli stessi. Il pianeta, noto come WASP-103b si trova nella costellazione di Ercole ed è stato deformato dalle forti forze di marea tra il pianeta e la sua stella ospite WASP-103 che è circa 200 gradi più calda e 1,7 volte più grande del Sole.

Da non sottovalutare è anche la funzione dei satelliti nel settore agricolo. Oggi vengono utilizzati per controllare lo stato di salute delle colture, “catturano” la luce solare riflessa da piante e suolo e l’analizzano per determinare parametri come l’indice di vigore. Conoscere con esattezza il fabbisogno territoriale e dosare la quantità di acqua piuttosto che di fertilizzante in funzione di variabili che arrivano dal territorio con l’Internet delle cose, ma anche dai dati satellitari, evitare di fertilizzare in caso di piogge imminenti ad esempio, permette di migliorare l’efficienza e ridurre i costi.

Le immagini satellitari consentono agli agricoltori di controllare da remoto numerose attività agricole mentre la tecnologia legata alla Global Navigation Satellite Systems permette una facile individuazione e movimentazione dei mezzi verso i punti di interesse. Allo stesso tempo le comunicazioni via satellite sono importanti per la Smart Agriculture in tutti i contesti che prevedono forme di automazione e di robotica applicate ad esempio alla comunicazione macchina-macchina in aree in cui le reti terrestri convenzionali non sono adeguate o accessibili.

L’innovazione e la ricerca scientifica possono giovare molto al mondo delle piccole imprese agricole del meridione italiano, spingendo verso una nuova era di innovazione, occupazione e produzione delle nostre potenzialità agricole.

La serata è terminata con i saluti dell’assistente del Governatore, Costantino Fuiano e con le domande dei presenti.

 

Il critico d’arte Pietro Marino al Rotary di Molfetta ricorda i 50 anni dell’Accademia di Belle Arti di Bari

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Molfetta città di cultura, d’arte, di avanguardia, Molfetta e l’Accademia delle Belle Arti di Bari, un fil rouge. Vi è un legame tra la nostra città è l’Accademia delle Belle Arti di Bari. Nel cinquantesimo anniversario della sua fondazione, l’Accademia rivela la sua inossidabile giovinezza, innovazione, vivacità, le stesse che caratterizzano la città di Molfetta. E’ questo il leitmotiv della serata promossa dal Rotary Club di Molfetta in occasione della presentazione del libro “Diari dell’Arte Levante – Bari 1960-1980” (ed. Gangemi).I primi 20 anni dell’Accademia sono raccontati nel volume scritto da Pietro Marino, autore del libro, critico d’arte, giornalista e docente dell’Accademia, testimone della storia contemporanea, come afferma il dott. Felice de Sanctis, presidente del Rotary Club di Molfetta, che ha introdotto la serata, “un testimone che a novanta anni ha deciso di non andare ancora in pensione”.Critico, docente, Pietro Marino, continua Felice de Sanctis, ha la capacità di coniugare tradizione e innovazione. E non sarà un caso se come Pietro Marino, anche artisti come Gaetano Grillo, Michele Zaza, Salvatore Salvemini, Natale Addamiano, Franco Valente siano nati a Molfetta, città di grandi aspirazioni artistiche, alla realizzazione delle quali hanno contribuito Beniamino ed Elena Finocchiaro.

“Ero un giovane giornalista mentre Pietro Marino era vice direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, entrambi accomunati dalla stessa immutata passione per questo affascinante mestiere”, dichiara il de Sanctis.

L’equiparazione dell’Accademia a facoltà universitaria, con la L. 508/99 ha segnato la svolta, potenziando l’attività di ricerca dell’Accademia, ha ricordato Giancarlo Chielli, attuale Direttore Accademia Belle Arti di Bari, e questo volume, continua, nasce come forte segnale su come deve agire un’istituzione nel campo della ricerca.

L’Accademia di Bari è punto di convergenza tra il territorio e le avanguardie culturali e Pietro Marino, secondo Gaetano Centrone, docente dell’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, grazie ad una visione profonda e ampia, tesse una rete per costruire un tessuto culturale tra l’Accademia di Bari e la città di Molfetta.

Occorre essere spettatori non disinteressati e non distratti, dichiara l’autore del volume poiché tutta l’arte è sempre arte contemporanea, testimone cioè del proprio tempo.

Come un’opera concettuale, afferma Gaetano Centrone, la scrittura di Pietro Marino è segno, dice quello che occorre affermare con parole appropriate, con note di pura emozione nel racconto della nascita dell’Accademia.

Il prof. Pietro Marino, nel suo eloquio, conferma di non utilizzare eufemismi e ribadisce che è errato considerare l’arte come forma di intrattenimento. Il capoluogo per anni è stato considerato la Milano del Sud per la sua vivacità artistica ma la Pinacoteca provinciale “Corrado Giaquinto”, è priva di un direttore. Alla sua guida vi è un funzionario facente funzioni. Di chi è la colpa? Perché non investire in una struttura che ha ospitato mostre illustri?

Un volume storico che è anche autobiografia artistica di un maestro. La cultura è considerata da sempre un optional. La cultura non dà da mangiare diceva il ministro Tremonti che non rimase il solo ad affermarlo. Anche Barak Obama esortava a studiare materie economiche. Che ne sarà della nostra storia, dei nostri artisti? Uno sguardo disincantato ma non disilluso quello del maestro Marino, prospettico, propositivo mai nostalgico ma sempre proiettato alla diffusione della cultura artistica non come prerogativa di un’élite ma popolare, di massa, democratica, per tutti.

Perché l’arte è pane, è nutrimento.

Tavola rotonda sulla legalità promossa da Rotary Club e Associazione degli imprenditori: “Molfetta terra di mafia”, l’allarme del Procuratore di Trani Renato Nitti

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«Molfetta è terra di mafia», a denunciare questa situazione è il capo della Procura di Trani dott. Renato Nitti, nel corso della tavola rotonda “Allarme sicurezza: aziende e territorio presidio di legalità” promossa dal Rotary Club di Molfetta e dall’Associazione imprenditori nell’Auditorium Madonna della Rosa, con la partecipazione del sindaco Tommaso Minervini e del vescovo mons. Domenico Cornacchia.

Una denuncia che proviene da fonte autorevole e informata e che non può essere ignorata dalla cittadinanza che – come ha aggiunto Nitti – deve prendere consapevolezza di questo fatto. A confermarlo sono i risultati conseguiti in tanti anni di indagini e di investigazioni condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, della quale lo stesso Nitti ha fatto parte.
A Molfetta, secondo la DIA (dati secondo semestre 2020), «si registra la presenza di gruppi criminali riconducibili agli alleati clan Capriati e Mercante-Diomede».
Infatti, la cosa più inquietante è che si tratta «di una terra dove le affiliazioni vengono fatte, i clan vengono costituiti e i rapporti di potere vengono regolati con il pensiero mafioso. Nitti ha ricordato come nel marzo del 2016, al quartiere San Paolo di Bari, aveva ascoltato un collaboratore di giustizia, sino a quel momento affiliato con un grado di “quarta”, «che proveniva da questo territorio».
In pratica qui sono presenti propaggini dei clan baresi. A Molfetta «si stipula un contratto preciso: il rito di affiliazione è un negozio con il quale il soggetto che si affilia assume una quantità di obblighi e acquista una quantità di diritti e questo vale anche in questo territorio» dove sono presenti gruppi riconducibili al clan Capriati di Bari.
«Ma non ci sono soltanto loro in questo territorio», ha precisato Nitti, che ha ricordato l’omicidio di Alfredo Fiore, avvenuto il 13 marzo 2014 fra le bancarelle del mercato settimanale di Molfetta, davanti ai suoi familiari: un omicidio con modalità mafiose, secondo il procuratore. Una persona in moto col volto coperto dal casco sparò due colpi di pistola, uno alla testa con l’intento di finire la vittima. La cosa più inquietante è che il killer agì senza la preoccupazione di essere riconosciuto e senza temere alcuna reazione: «il senso di un messaggio che voleva lanciare a chi lo doveva intendere, un messaggio di controllo del territorio».
L’altro episodio è più recente del 30 settembre scorso quando sono stati sequestrati di 50 milioni di euro a Giuseppe Manganelli, che «non può farci ignorare che questa è terra di mafia».
Manganelli, che ha scontato 12 anni di reclusione, e oggi è uomo libero, è accusato di aver occultato cospicue somme di danaro, con tutta probabilità provento delle attività di narcotraffico ed estorsive cui era dedito durante gli anni ’90.
Ma a questo scenario malavitoso, vanno aggiunti i fenomeni di corruzione: «Se c’è un pubblico funzionario che percepisce denaro con modalità occulte in relazione alla propria attività, questo è sufficiente per formarvi un vostro giudizio. I fenomeni che si sono ripetuti negli anni, conclamati addirittura con tecniche di corruzione che risalgono a numerosi anni addietro, ci dicono che il territorio non è ancora riuscito a riscattarsi da un problema che, evidentemente, finisce per colpire anche l’economia», ha avvertito il procuratore Nitti.
Nell’introdurre la tavola rotonda, il presidente del Rotary Club di Molfetta, Felice de Sanctis, ha ricordato come da alcuni mesi a Molfetta si sia in presenza di un incremento dei fenomeni di criminalità (incendi di auto, bombe a cantieri edilizi, probabili estorsioni, qualche accoltellamento), ai quali si sono aggiunti presunti fenomeni di corruzione che hanno coinvolto le istituzioni e sui quali sta indagando la magistratura.
Questo fa pensare a una città a rischio e determina l’allarme sicurezza.
La capacità delle organizzazioni criminali di infiltrarsi nelle attività legali e nelle imprese in difficoltà, approfittando anche della pandemia da Covid, sono all’attenzione delle forze dell’ordine e della magistratura.
Di qui l’iniziativa del Rotary Club di Molfetta e dell’Associazione degli imprenditori di sensibilizzare l’opinione pubblica e offrire un momento di riflessione e dibattito su questo fenomeno, ribadendo soprattutto il ruolo di presidio di legalità delle imprese locali.
Maddalena Pisani, presidente dell’Associazione imprenditori di Molfetta ha ricordato come l’associazione imprenditori «non è nata per fare marketing territoriale, non è nata per finalità economiche, e non è neanche nata per incrementare uno sviluppo industriale che non abbia delle solide fondamenta, tant’è vero che l’associazione si dichiara apartitica e disposta a collaborare nell’interesse di tutti gli associati, senza tagliare fuori i lavoratori”. L’associazione ha dimostrato, nel corso degli anni, di essere sempre presente per Molfetta, tutelando le aziende e avviando numerosi progetti per la città, dimostrando di avere a cuore il territorio e i suoi insediati.
Quindi la presidente degli imprenditori ha sottolineato le finalità della tavola rotonda: «Perché noi siamo qui stasera? Per ribadire un concetto importante: l’Associazione Imprenditori è il presidio di legalità che sta cercando di evitare che soggetti terzi, che hanno interessi non identificabili con quelli tipicamente imprenditoriali ed economici, si insedino e approfittino dei momenti di debolezza economica e finanziaria dei nostri associati, per sostituirsi a noi. Noi ribadiamo stasera la nostra vicinanza alle istituzioni, nella legalità e nel rispetto delle regole e delle norme».
Altro relatore importante della serata è stato il generale di squadra aerea Pasquale Preziosa, Presidente dell’Osservatorio Eurispes sulla Sicurezza, già Capo di Stato Maggiore dell’Aereonautica Militare Italiana, con una lunga esperienza internazionale. Preziosa si è soffermato sulla criminalità mafiosa (non solo italiana, ma giapponese, cinese, nigeriana ecc.), evidenziando quali siano i principali obiettivi della stessa: controllare la maggior parte delle istituzioni, che sono il cuore della società civile: le banche, i tribunali e i media.
Ha menzionato e dedicato un applauso a chi, prima di tutti, ha dato la vita per impedire che questi obiettivi fossero raggiunti: «Parlare della criminalità è molto complesso, prima di farlo, bisogna ricordare che la direzione antimafia e antiterrorismo prese il via dalle indicazioni di Giovanni Falcone nel 1991. Falcone fu ucciso con altre tre persone il 23 maggio del ’92 per rappresaglia contro la lotta alla mafia. Chi combatte la mafia, è esposto alla rappresaglia della mafia, rischia ogni giorno la propria vita”.
Infine l’intervento del dott. Antonello Soldani, presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti di Trani, che ha voluto concentrare la sua attenzione sulla prossima apertura dello “Sportello dell’organismo di composizione della crisi” presso il Comune di Molfetta, che avrà il fine di ascoltare e indirizzare chi si trova in una situazione di difficoltà.
Il Dott. Soldani si è anche soffermato sul tema dell’aiuto alle imprese: «Se si vuole aiutare il tessuto imprenditoriale sano, è necessario, quando si parla di appalti pubblici, intervenire in modo forte nel momento in cui vengono pubblicati dei bandi antieconomici. Stiamo proponendo, che a livello nazionale, ci sia una rivalutazione tecnica sulla sostenibilità economica».
Il Procuratore Nitti ha detto che a Molfetta esiste «un tessuto imprenditoriale straordinariamente vivace, ma pure estremamente fragile». Il quadro, insomma, non è rassicurante, ma Molfetta è una terra che può ampiamente riscattarsi, è la terra da cui è partito il messaggio di don Tonino Bello.  E questo riscatto deve venire dalla società, dai cittadini che devono essere consapevoli dei rischi che ci sono, ma fermi nel denunciare le illegalità e impedire infiltrazioni criminali.
L’affermazione più forte del procuratore Nitti: “Molfetta è terra di mafia” deve farci riflettere, un avvertimento che la nostra città è in pericolo. Ma non tutto è perduto, la lotta alla mafia è ancora in corso ed è una battaglia alla quale devono prendere parte le grandi industrie e le associazioni, che però devono essere sostenute da ogni singolo cittadino affinché il cambiamento sia realmente possibile.

Soldani, Pisani, Nitti, de Sanctis, Preziosa
Soldani, Pisani, Nitti, de Sanctis, Preziosa
L'intervento dell'assistente del Governatore, Costantino Fuiano
L’intervento dell’assistente del Governatore, Costantino Fuiano
Locandina dell'evento
Locandina dell’evento
Da sinistra: Fuiano, Giannelli, de Sanctis, Valente

Visita del Governatore Rotary al Club di Molfetta: Giannelli si complimenta per iniziative e service Albania. La Festa della carta

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La visita del Governatore del Distretto 2120 del Rotary International, Gianvito Giannelli al Club di Molfetta, è avvenuta il 4 novembre, incontrando prima il presidente del Club di Molfetta Felice de Sanctis, che, tra l’altro lo ha aggiornata sul service in Albania, in corso con il Rotaract. Poi il consiglio direttivo che ha illustrato le attività in corso: dall’incremento dell’effettivo ai progetti in cantiere, dai service alla collaborazione con il Rotaract, il cui presidente Pietro Minervini, è stato inserito a tutti gli effetti nel consiglio direttivo.

Il Governatore Giannelli si è complimentato con il presidente e il Club per le attività in corso e quelle in programma.

La signora Lilly Ginefra Giannelli ha presentato il suo service che prevede l’installazione di un defibrillatore in ogni sede giudiziaria. Il presidente ha consegnato alla sig.ra Giannelli il contributo del Rotary Club di Molfetta.

E’ stato anche inserito il nuovo socio Vito Bellomo, ingegnere aerospaziale, presentato da Leonardo de Pinto, ha ricevuto la spilletta direttamente dal Governatore.

L’incontro si è concluso con la tradizionale conviviale a Palato Bistrot, nuova sede del Club di Molfetta, per festeggiare anche il ricevimento della Carta di fondazione del club 49 anni fa, nel 1972. Immancabile la torta celebrativa.

Da sinistra: Fuiano, Giannelli, de Sanctis, Valente
Da sinistra: Fuiano, Giannelli, de Sanctis, Valente
Il Governatore Giannelli spilla il nuovo socio Vito Bellomo
Il Governatore Giannelli spilla il nuovo socio Vito Bellomo
La torta della Festa della Carta per i 49 anni del Club di Molfetta. Da sinistra Fuiano, Adelaide Altamura moglie del presidente del Club, Felice de Sanctis, Gianvito Giannelli e signora Lilly Ginefra, Anna Palombella
La torta della Festa della Carta per i 49 anni del Club di Molfetta. Da sinistra Fuiano, Adelaide Altamura moglie del presidente del Club, Felice de Sanctis, Gianvito Giannelli e signora Lilly Ginefra, Anna Palombella
Da sinistra: l'assistente del Governatore Costantino Fuiano, il Governatore Gianvito Giannelli, il presidente del Club di Molfetta Felice de Sanctis
Da sinistra: l’assistente del Governatore Costantino Fuiano, il Governatore Gianvito Giannelli, il presidente del Club di Molfetta Felice de Sanctis

Covid, la trasmissione del virus in ambienti aperti e chiusi: il prof. Gianluigi de Gennaro al Rotary di Molfetta

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La Cabina di regia per l’emergenza Covid-19 ha diffuso il consueto report settimanale sull’andamento dell’epidemia in Italia. E i dati – pur non essendo allarmanti – di contro non sono nemmeno incoraggianti. Di fatti sono in salita sia l’indice Rt che l’incidenza in Italia. L’Rt questa settimana è a 0,96, contro lo 0,86 di sette giorni fa mentre l’incidenza è salita da 34 a 46 casi per centomila abitanti.

Nel report si legge che – nel periodo compreso tra il 6 ottobre e il 19 ottobre 2021 – l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,96, appena al di sotto della soglia epidemica e in deciso aumento rispetto alla settimana precedente. Iniziano inoltre a salire i ricoveri mentre restano ancora stabili le terapie intensive.

Salgono anche da 4 a 18 le Regioni classificate a rischio moderato e solo 3 al momento rientrano nella fascia bassa di rischio. In questo scenario la campagna vaccinale in Italia ha avuto un’incidenza fondamentale nel rallentamento della diffusione del Covid-19 coadiuvata sempre dal mantenimento dei consueti comportamenti ormai diventati parte della quotidianità: l’uso della mascherina in ambienti chiusi, il lavaggio frequente delle mani e il distanziamento sociale. Ma sembrerebbe – alla luce dei nuovi report – che queste misure non siano ancora del tutto sufficienti. Bisognerebbe, infatti conoscere più a fondo questo fenomeno per riuscire a comprenderne le dinamiche e le possibili modalità di difesa. Di questo e molto altro si è parlato durante l’incontro “Trasmissione aerea del SARS-COV-2: implicazioni in ambienti aperti e chiusi” organizzato dal Rotary Club di Molfetta (che comprende anche Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo di Puglia) presso Palato Bistrot.
Ad introdurre la serata, il presidente, Felice de Sanctis, che dopo i saluti di rito ha lanciato un messaggio volto a sensibilizzare i presenti sull’importanza della vaccinazione, ricordando che la Puglia oggi è al terzo posto dopo il Veneto e la Toscana per numero di contagi seppur non siano stati riscontrati decessi.

La parola poi è passata al segretario del Club, Vito Valente che ha introdotto il relatore della serata, prof. Gianluigi de Gennaro, Docente di Chimica dell’Ambiente del Dipartimento di Biologia presso l’Università degli Studi di Bari. Il prof. de Gennaro – durante la sua lectio – ha posto l’attenzione su una tematica basilare ma che sino ad oggi è rimasta appannaggio della comunità scientifica tra smentite e successive conferme: il Covid-19 – come d’altronde tutte le altre tipologie di virus – si trasmette per via aerea.

All’inizio della pandemia le informazioni sul coronavirus e sulle sue modalità di trasmissione erano certamente scarse e mentre le ricerche procedevano, per molti Paesi e per le loro istituzioni la priorità era affrontare emergenze sanitarie senza precedenti negli ultimi decenni. Quando emersero le prime notizie sul SARS-CoV-2 e la sua diffusione a Wuhan, in Cina, l’OMS e diverse altre autorità sanitarie pensarono che il coronavirus si diffondesse tramite i droplet, gocce di saliva contenenti le particelle virali emesse da chi ne fosse infetto. Si trattava di una conclusione che all’epoca appariva sensata perché basata su come funzionano i contagi di altre malattie.

Ma nella primavera del 2020 iniziarono a essere pubblicati alcuni studi preliminari sulla capacità del coronavirus di trasmettersi per lo più per via aerea. I ricercatori avevano infatti notato che le particelle virali erano presenti anche in gocce di saliva molto più piccole dei droplet e che erano in grado di rimanere a lungo in sospensione nell’aria, causando nuovi contagi dopo un certo tempo di esposizione. Così il 30 aprile si arriva ad una importante svolta: queste circostanze – prese inizialmente sottogamba – vengono riconosciute più esplicitamente anche dall’OMS con un atteso anche se tardivo aggiornamento delle sue linee guida.

È stato anche accertato e confermato che temperatura, umidità e condizioni diverse di velocità del vento incidono sulla circolazione del virus e di conseguenza sul contagio. Un altro aspetto sicuramente rilevante e che non è balzato per nulla agli onori delle cronache è la correlazione tra circolazione virale e polveri atmosferiche: gli scienziati hanno infatti scoperto che il pulviscolo presente nell’aria funge da “taxi” per il virus che non soltanto ha modo di spostarsi più velocemente ma ne rimane all’interno più vivo che mai. Ecco perché – in una fase iniziale – il territorio padano è stato maggiormente impattato dalla diffusione del virus, portando ad un alto numero di contagi e morti.

Ovviamente la concentrazione di polveri è legata a doppio filo all’inquinamento, creando così una sorta di circolo vizioso favorevole al Covid-19. A fronte di tutti questi studi – comprovati da evidenza scientifica – l’OMS dice oggi che il contagio può essere veicolato dagli aerosol e soprattutto che «negli ambienti scarsamente ventilati e/o affollati gli aerosol rimangono sospesi nell’aria e viaggiano a oltre un metro di distanza». Di fatti in situazioni indoor la combinazione tra un livello elevato di anidride carbonica e la scarsa areazione degli ambienti non fa altro che aumentare la possibilità che il virus venga inalato e ci si contagi.

Chiaramente – come ha sottolineato il professore – il rischio zero non esiste ma lo si può ridurre con l’utilizzo di sistemi precauzionali. Ad esempio – nell’ambito di un progetto di messa in sicurezza al quale hanno partecipato alcune scuole di Molfetta – de Gennaro ha suggerito l’acquisto e l’utilizzo di una rilevatore di CO² che ha anche un costo abbastanza irrisorio a fronte del grande beneficio che potrebbe senz’altro apportare. Si tratta di uno strumento che illuminandosi determina differenti livelli di allerta: il verde indica livelli di CO² nella norma, l’arancione lancia un segnale di allerta mentre il rosso indica livelli di anidride carbonica pericolosi e condizioni di contagio favorevoli.

Negli ultimi due casi sarebbe sufficiente far arieggiare l’ambiente – aprendo finestre o porte – in modo tale da far normalizzare i livelli di anidride carbonica e tutelare così la salute di tutti. E a proposito di tutela una precisazione va fatta anche sulle diverse tipologie di mascherine e su loro corretto utilizzo. Se è vero che una mascherina di cotone ha una capacità di abbattimento del virus parti al 65% a fronte del 90% di una FFP2 è altrettanto importante – come ci ha tenuto a specificare il prof. de Gennaro – indossarla in modo corretto al fine di evitare di vanificarne l’efficacia. E anche per quanto riguarda i famosi gel igienizzanti sarebbe opportuno utilizzarli con parsimonia poiché aggressivi: in situazioni in cui è disponibile sapone o semplicemente acqua sarebbe opportuno farne a meno.>

Il presidente del Rotary di Molfetta, Felice de Sanctis, consegna il gagliardetto del Club al prof. Gianluigi de Gennaro
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