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Femminicidio, un dramma in crescita. Al Rotary di Molfetta il Prefetto e il Procuratore Aggiunto di Bari

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Confinate in condizione di prigioniere in casa, annientate, mandate all’ospedale e – in alcuni casi, più gravi – al cimitero. Per mano di mariti, compagni, familiari e conoscenti, per lo più. La lunga lista di maltrattamenti, abusi, violenze fisiche o psicologiche e stupri condotti sulle donne in quanto donne non rappresenta un insieme di fatti isolati.

Oggi, infatti non si parla più di “uxoricidio”, termine in cui la radice latina uxor (moglie) limitava il significato del termine all’uccisione di una donna in quanto moglie o, più in generale all’uccisione del coniuge. La coniatura del termine “femminicidio” ha consentito, invece di identificare l’uccisione di una donna in quanto tale e nel suo significato più ampio. Non a caso la sociologia ha iniziato a parlare di “femminicidio” – al singolare – anche in quanto “annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale”. E i dati degli ultimi decenni confermano una tendenza irriducibile.

Le ferite lasciate da questo fenomeno lasciano traccia nelle statistiche nazionali, nei verbali della polizia, segnano cicatrici nelle vittime, nelle madri, nei padri e tramandano fragilità indelebili ai figli. Sono 89 al giorno le donne vittime di reati di genere in Italia e nel 62% dei casi si tratta di maltrattamenti in famiglia. Nello specifico, relativamente al periodo 1° gennaio – 20 marzo 2022 sono stati registrati 57 omicidi con 19 vittime donne di cui 18 uccise in ambito familiare/affettivo: di queste, 13 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner.

Rispetto allo scorso anno si nota un lieve incremento nell’andamento generale degli eventi (da 51 a 57) mentre risulta in diminuzione il numero delle vittime di genere femminile (da 21 a 19). Di questo e molto altro si è discusso durante il convegno organizzato dal Rotary Club di Molfetta e dall’Ordine degli Avvocati di Trani, “I mille volti di femminicidi e violenza di genere: problema sociale in crescita”.

L’incontro – organizzato nell’Auditorium dell’Istituto Mons. Bello di Molfetta – si è aperto con l’intervento del presidente del Rotary Club, Felice de Sanctis che dopo i consueti saluti di rito ha introdotto i presenti all’argomento, riportando un dato sconcertante: in Italia ogni due giorni si consuma un femminicidio con una maggiore incidenza di casi nelle regioni del Nord come Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana e Veneto. Un abominio, questo che trova le sue radici in un fenomeno culturale e razziale in cui prevale la gelosia sulla fiducia, il possesso sull’amore, la violenza sul rispetto. Un fenomeno – come ci ha tenuto a specificare de Sanctis – che potrebbe di certo essere ridotto anche con investimenti importanti in tutti quei settori che supportano le donne che hanno il coraggio di denunciare: dai centri antiviolenza alle strutture socioassistenziali sino al potenziamento delle Forze dell’Ordine. Servirebbe anche – come ha spiegato durante il suo interevento l’avv. Marina Tangari, consigliera dell’Ordine Avvocati Trani – diffondere la cultura della legalità, del dialogo affinché attecchisca nella nostra società l’idea che a prescindere dal sesso, dall’età, dalla religione l’essere umano fonda il suo essere “umano” sul reciproco rispetto. Sicuramente di passi avanti ne sono stati fatti tanti passando una società patriarcale a una moderna attraverso uno dei segnali più importanti quale l’abolizione – il 5 settembre 1981- del delitto d’onore e del matrimonio riparatore. Ma è chiaro che le leggi da sole non sono sufficienti se alla base non c’è una educazione e una cultura adeguate che si facciano scudo a tutela della dignità dell’altro fuori da ogni paura. Ed è proprio fuori dalla paura che si può rinascere e riappropriarsi della propria vita. Ed il primo passo è sicuramente denunciare, anzi avere il coraggio di denunciare chi impunemente mette in pericolo la propria vita.

E da questo punto di vista, Molfetta è una città molto attenta e sensibile a questo tipo di tematiche tanto da fondare – come ha ricordato Luisella De Pietro, assessore alle Politiche del Lavoro e alle Politiche attività per i giovani e per le donne – il Centro antiviolenza “Annamaria Bufi”, gestito dall’associazione Pandora. Associazione che tra l’altro aveva mosso già in primi passi in questa direzione – come ha specificato l’avv. Valeria Scardigno, presidente del Centro – creando uno sportello di donne al servizio di vittime di violenza o stalking.

Quasi che la vita di una donna – come ha sottolineato la dott.ssa Antonella Bellomo, Prefetto di Bari – valga meno di quella di un uomo. Una domanda retorica che purtroppo di retorico non ha nulla. Anzi dal 9 agosto 2019 all’8 agosto 2020 si sono registrati 2.526 casi riguardanti le nuove fattispecie introdotte dalla legge 69/2019. In particolare, sono stati denunciati 718 casi di Revenge Porn, 56 di lesioni permanenti al viso, 11 di costrizione o induzione al matrimonio e 1.741 violazioni di provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. La percentuale delle vittime donne varia a seconda dei reati: 81,62% per il Revenge Porn, 24,07% per i casi di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, 63,64% in caso di costrizione o induzione al matrimonio e il 76,07% riguarda le violazioni di provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

E poi ci sono anche i cosiddetti “reati spia” che riguardano tutti quei delitti che sono indicatori di violenza di genere, espressione dunque di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica diretta contro una donna in quanto tale come ad esempio gli atti persecutori o stalking, i maltrattamenti contro familiari e conviventi e le violenze sessuali. Nel periodo gennaio-settembre 2020 l’andamento dei reati spia e` stato altalenante, con numeri comunque inferiori rispetto a quelli dello scorso anno. Questa diminuzione, tuttavia, soprattutto nel primo periodo di lockdown sembrerebbe riconducibile alla difficoltà per le donne, dovuta anche alla presenza costante del partner in casa di raggiungere i luoghi idonei ad accoglierle e di presentare eventuali denunce/querele. In questo periodo, infatti molti centri antiviolenza hanno registrato una complessiva diminuzione delle chiamate.

Concetti ripresi anche durante l’interevento del dott. Giuseppe Maralfa – Procuratore Aggiunto e coordinatore del pool “codice rosso” della Procura di Bari – che ha portato i presenti lungo lo snodo evolutivo della giurisdizione in materia di tutela delle donne, partendo dall’entrata in vigore il 9 agosto 2019 della legge n. 69/2019 nota come “Codice Rosso”. Un provvedimento questo rafforzare la tutela delle vittime dei reati di violenza domestica e di genere, inasprendone la repressione tramite intereventi sul codice penale e su quello di procedura penale. Forme di maltrattamento e brutalità spesso perpetrate per motivi futili: nel 2019, il 30% delle donne sono state uccise per motivi passionali (contro il 16% ne 2020), mentre il 29% per lite/futili motivi. Nel 2020, invece, l’omicidio per lite/futili motivi è quello predominante (40%).

L’età predominante delle vittime dei partner è 25-34 anni (l’82,4%), seguita dalle 35-44enni (78,9%), le 55-64enni (70%) e le 45-54enni (65%). Solo le 18-24enni sono uccise in eguale misura da partner, parenti e persone a loro sconosciute (tutte nel 33% dei casi).  Al contrario, i maschi di tutte le età, fatta eccezione dei minorenni e degli anziani, sono uccisi prevalentemente da persone non conosciute dalla vittima.

A concludere la serata, gli interventi programmati della presidente della Fidapa, Mari Diolini e della presidente della Consulta Femminile Marta Vilardi. Un ringraziamento speciale va al Dirigente Scolastico, prof. Maria Rosaria Pugliese che ha accolto con interesse l’invito del Rotary Club di Molfetta, fornendo la location per il convegno e dando ai presenti – attraverso il suo intervento – uno spiraglio di luce su come la formazione, l’educazione e l’istruzione possano formare uomini e donne migliori affinché l’abominio della violenza possa essere arginato. O quantomeno questo è l’auspicio.

A concludere l’interessante seminario è stato l’assistente del Governatore del Distretto 2120 Costantino Fuiano.

Seminario su tutela della biodiversità e sostenibilità dell’ambiente

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“Tutela della biodiversità e sostenibilità dell’ambiente” è il tema del Seminario internazionale di studi paesaggistici e ambientali organizzato dal Rotary di Molfetta dall’Accademia Oikart e del Centro culturale Auditorium S. Domenico.
Il convegno ha avuto alcuni intermezzi musicali fra una relazione e l’altra sul tema dell’omaggio al paesaggio.

Il Parroco della Chiesa di S. Domenico, Don Silvio Bruno, licenziando in Ecclesiologia e Pastorale ha affrontato il tema “Per una Ecologia integrale, alla luce della Laudato Sì di Papa Francesco. Bergoglio – ha detto don Silvio – parla di casa comune riferendosi all’ambiente e ricorda le relazioni con Dio, Terra e prossimo per ricreare una serena armonia con il creato. La crisi ambientale non è solo conseguenza della natura, ma anche dell’uomo che ha smarrito la sua vocazione all’interno del creato.
Nella “laudato si” si parla di come l’ambiente non possa essere separato dalla vita sociale, ma deve riflettere uno stile di vito che contempla il Creatore che vive in noi e in ciò che ci circonda.
Sul tema delle strategie educative per un approccio innovativo per una nuova realtà si è soffermato il prof. Damiano d’Elia, Preside e Presidente, Centro Culturale Scientifico Auditorium. Il Papa – ha ricordato – oggi ci parla di cittadinanza ecologica, perché è essenziale educare le nuove generazioni ad una cittadinanza attiva e partecipativa, che mette al centro la persona e allo stesso tempo la cura dell’ambiente. Anche l’innovazione tecnologica è chiamata a cooperare a queste finalità, e proprio le nuove generazioni, se ben motivate, sono quelle che potranno realizzarle, perché sono nate e cresciute nell’attuale contesto tecnologico.
Non dobbiamo dimenticare che siamo eredi di una civiltà che abbiamo il dovere di conservare preservando il suo ecosistema. Ma c’è anche un’etica ecologica che ci insegna a crescere nella solidarietà. Il Papa ci chiede piccole azioni quotidiane, una educazione alla responsabilità ambientale perché ogni singolo atto possa essere salvaguardia del creato.
Il presidente del Rotary Club di Molfetta, dott. Felice de Sanctis, giornalista e direttore della rivista “Quindici” ha scelto il tema “Biodiversità a rischio: salviamola!
Parlare di biodiversità oggi è importante, soprattutto perché non tutti conoscono questa realtà, fondamentale per la sopravvivenza sulla Terra.
Ecco perché come giornalista economico prima che come presidente del Rotary Club di Molfetta, sempre attento alle tematiche ambientali a livello internazionale, sento il dovere di fare opera di informazione divulgativa sulla biodiversità e sui rischi che corre, attraverso alcuni dati scientifici e statistici.
La distruzione delle foreste, il saccheggio dei mari e dei suoli e l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, stanno spingendo il pianeta sull’orlo del precipizio. È quanto affermano più di 500 esperti di 50 Paesi diversi in un rapporto inviato alle Nazioni Unite.
Ma che cos’è esattamente la biodiversità? E’ una parola scientifica che indica la straordinaria varietà di vita che si può trovare sulla Terra, le interazioni tra le specie e il loro ambiente. La parola, che ha avuto origine negli anni ’80, è una contrazione delle parole “biologico” e “diversità”. È stata definita in modo più formale nella Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica firmata nel 1992 come “la variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia gli ecosistemi terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; ciò include la diversità nell’ambito delle specie, e tra le specie dell’ecosistema”.
Cosa vuol dire? In parole semplici, possiamo dire che la biodiversità è la ricchezza della vita sulla terra, che comprende non solo gli esseri umani e animali, ma anche le altre forme di vita, dai vegetali ai microrganismi, compreso il materiale genetico.
Insomma, tutto ciò che esiste sulla terra e non è stato creato o modificato dall’uomo – ad esempio attraverso la biotecnologia – rientra nella biodiversità. Inoltre, si tiene conto anche del modo in cui questa ricchezza è distribuita sul pianeta, delle interazioni tra varie componenti del sistema e dell’impatto che determinati comportamenti hanno su di essi.
I cambiamenti climatici stanno mettendo a rischio il mondo per come lo conosciamo. Tra i peggiori impatti del riscaldamento globale c’è la perdita di biodiversità. Proprio per questo motivo, e per trovare soluzioni, sono in corso in questi giorni colloqui internazionali a Ginevra, in Svizzera, nell’ambito della Convenzione Onu sulla Biodiversità (Cbd).
Obiettivo: negoziare un nuovo accordo vincolante per la tutela di piante, animali ed ecosistemi. L’accordo dovrebbe poi essere ufficialmente approvato durante la prossima edizione della Conferenza Onu sulla Biodiversità, in programma a Kunming, in Cina, entro la fine del 2022.
Uno degli aspetti da considerare al più presto è di tipo finanziario: Associazioni Internazionali (International Union for Conservation of Nature, Campaign for Nature e World Resources Institute) hanno chiesto ai Paesi più ricchi di contribuire con almeno 60 miliardi di dollari alla tutela della biodiversità dei Paesi in via di sviluppo. Per le associazioni il denaro potrebbe essere recuperato da investimenti a fondo perduto in favore dei Paesi più poveri e soprattutto dal taglio netto ai Sad. Vale a dire, i sussidi ambientalmente dannosi che finanziano industrie – come quelle dei combustibili fossili – tra le prime minacce alla biodiversità. (E oggi rischiamo di tornare al carbone per colpa della guerra in Ucraina).
La guerra in Ucraina sta evidenziando la vulnerabilità dell’Europa nella dipendenza da importazioni di materie prime e di energia. Ma il conflitto è l’ultimo di una serie di eventi, iniziati con la pandemia di COVID e proseguiti con la siccità in Nord America che ha dimezzato i raccolti, innescando dinamiche speculative e una pericolosa ascesa dei prezzi.
In conclusione, la biodiversità, bene prezioso e vitale, è a rischio: salviamola! Il tempo è troppo poco per farlo, non sprechiamolo! Lo dobbiamo ai nostri figli, ai nostri nipoti.


A tirare le conclusioni del seminario con un intervento su Sistemi paesaggistici, Economia circolare e Sostenibilità è stato il Prof. Ing. Donato Forenza, ecologo urbanista e paesaggista, Uniba, Presid. Acc. Oikart, Fondatore Bioprotedaf, Accad. Scient. Merli – Movim. Azzurro.
La crisi delle risorse naturali richiede maggiore attenzione e nuovi interventi per la sostenibilità ambientale. Sempre viva è l’attività del Centro Culturale Scientifico Auditorium di Molfetta, del Movimento Oikart e dei collaboratori scientifici ed artistici, con questa iniziativa che coniuga l’interesse per la salvaguardia dell’ambiente e l’amore per la musica.
L’evento di Molfetta ha puntato soprattutto alla tutela del paesaggio, complessità planetaria e clima; nelle importanti relazioni sono state proiettate straordinarie immagini paesaggistiche elaborate dal prof. Donato Forenza in connessione a salvaguardia del paesaggio, sostenibilità, risparmio energetico delle risorse del territorio e riduzione del consumo del suolo.
La Puglia è caratterizzata da paesaggi dotati di tessitura eterogenea dal Gargano, alle Murge, e al Salento: la morfologia dei territori presenta vari aspetti collinari e montani, alternandosi a pianure incastonate da coltivazioni pregiate, dalle multiformi terre interne fino alle zone costiere, uliveti millenari, vigneti pregiati e boschetti di elevato pregio botanico con vegetazione mediterranea; dall’entroterra della Basilicata si perviene al mare anche in presenza di torrenti, lame e gravine che rimembrano fenomeni carsici e trasformazioni ambientali.


Il concerto “Omaggio alla Giornata Nazionale del Paesaggio” è stato affidato alla direzione artistica e presentazione musicologica Prof. Dott. Adriana De Serio, Professore Ordinario, Conservatorio di Musica “N. Piccinni”, Bari, Musicoterapeuta. Questi gli artisti protagonisti: Soprani: Brigida Catanzaro, Beatrice Mastropasqua, Zhang Yu, Tenore: Ma Chao; Basso: Onofrio Salvemini al pianoforte la stessa Adriana De Serio.
Questo il programma che il pubblico presente ha potuto ascoltare: G. Puccini – Da “La Rondine”: La canzone di Doretta — P. Abraham – Da “Ballo Al Savoia”: Toujours l’amour…
J. Strauss – Da “Sangue Viennese”: Fantasia di Valzer
C. Lombardo–V. Ranzato – Da “Il Paese dei Campanelli”: Fox-Trot dei Campanelli
C. Lombardo – Da “Madama di Tebe”: Il Tango dei Mannequins
Composizioni di musicisti della Cina:
Il vento soffiava (tenore) – Il giardino del cuore (soprano) – Il cielo è soleggiato (tenore)
Il ponte sull’acqua (tenore) – Il dolore sul fiume (soprano).

L’ing. Vito Bellomo al Rotary Club Molfetta: lo Spazio al servizio della collettività

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«Lo spazio ha sempre esercitato un grande fascino sull’uomo e lo esercita ancora anche se per buona parte non è più avvolto dal mistero. Grazie alla scienza oggi sappiamo molto di più di quando i primi uomini ammiravano estasiati ma anche impauriti il cielo chiedendosi cosa ci fosse dietro e dentro il sole e la luna visibili ad occhio nudo. Poi sono venute le ricerche spaziali che hanno contribuito a ridurre il mistero che ci circonda. I primi viaggi nello spazio hanno fatto il resto. Ma in tutto questo scenario si sono inseriti i satelliti artificiali (sembra ce ne siano oltre 4.000 in orbita) e la loro importanza è fondamentale per lo studio della stessa realtà terrestre e per il nostro benessere. La curiosità in questa materia non manca. E ci domandiamo a cosa serve davvero tutto questo Spazio? Così come una stanza può essere osservata da infinite angolazioni o condizioni luminose anche il settore spaziale può essere declinato in varie sfaccettature, espressioni delle molteplici finalità di satelliti, sonde e missioni spaziali».

Questo il discorso con cui il Presidente del Rotary Club Molfetta, Dott. Felice de Sanctis ha inaugurato la serata dedicata al tema dello Spazio, organizzata come di consueto presso Pàlato Bistrot. La parola è poi passata a Vito Bellomo – socio del Rotary Club di Molfetta ed esimio ingegnere aerospaziale – che ha condotto i presenti a valutare l’effettivo valore aggiunto del settore spaziale rispetto al benessere della società civile e a comprendere come lo Spazio possa essere di “Servizio” verso la Collettività.

L’illustre relatore è partito dallo spiegare cosa sia un satellite, ovvero un oggetto lanciato nello spazio che orbita attorno a qualcos’altro: può essere naturale come una luna o artificiale. Un satellite artificiale viene messo in orbita attraverso l’ausilio di un razzo a cui viene attaccato e che si stacca una volta raggiunta la posizione corretta. I satelliti artificiali vengono anche utilizzati per esplorare altre parti del nostro sistema solare tra cui Marte, Giove e il Sole. Ma non solo.

È stupefacente venire a conoscenza di quante funzionalità abbiano e in quanti settori trovino applicazione: da quello meteorologico a quello militare, dalle telecomunicazioni al monitoraggio e ottimizzazione dell’attività agricola.

Ad esempio, i satelliti meteorologici scorrono in un flusso costante di dati, segnalandoci una miriade di fatti da tutto il mondo. Le informazioni trasmesse riguardano la temperatura, le precipitazioni, la velocità del vento e i modelli di nuvole. I meteorologi usano queste informazioni per predire il tempo soprattutto per individuare forti tempeste prima che diventino pericolose. Ciò offre alle persone la possibilità di rifugiarsi dai tornado e di evacuare le aree sul percorso degli uragani.

Per non parlare del grande contributo nell’ambito delle comunicazioni: in questo caso il satellite funge da relè per i segnali da un punto all’altro della Terra. Questi satelliti sono in genere geosincroni, ovvero sono messi in orbita in modo tale da trovarsi sempre sullo stesso punto. I satelliti per le comunicazioni gestiscono segnali telefonici, comunicazioni mobili e radio da nave a terra. Trasmettono anche segnali televisivi e radio dal punto di trasmissione alle stazioni in tutto il paese.

Un’altra importante funzione dei satelliti è esplorare e mappare la Terra e altri pianeti. Molti satelliti sono dotati di telecamere che catturano immagini fisse e video della superficie del pianeta. Sono comuni anche le immagini a infrarossi che mostrano modelli di caldo e freddo. Gli scienziati usano le immagini satellitari per tracciare i cambiamenti in luoghi difficili da raggiungere, come le calotte polari.

Di fatti – come ha spiegato Bellomo – la missione ESA Cheops, ad esempio che ha avuto il compito di indagare sugli esopianeti ha scoperto la deformazione di un esopianeta, offrendo così nuove informazioni sulla struttura interna degli stessi. Il pianeta, noto come WASP-103b si trova nella costellazione di Ercole ed è stato deformato dalle forti forze di marea tra il pianeta e la sua stella ospite WASP-103 che è circa 200 gradi più calda e 1,7 volte più grande del Sole.

Da non sottovalutare è anche la funzione dei satelliti nel settore agricolo. Oggi vengono utilizzati per controllare lo stato di salute delle colture, “catturano” la luce solare riflessa da piante e suolo e l’analizzano per determinare parametri come l’indice di vigore. Conoscere con esattezza il fabbisogno territoriale e dosare la quantità di acqua piuttosto che di fertilizzante in funzione di variabili che arrivano dal territorio con l’Internet delle cose, ma anche dai dati satellitari, evitare di fertilizzare in caso di piogge imminenti ad esempio, permette di migliorare l’efficienza e ridurre i costi.

Le immagini satellitari consentono agli agricoltori di controllare da remoto numerose attività agricole mentre la tecnologia legata alla Global Navigation Satellite Systems permette una facile individuazione e movimentazione dei mezzi verso i punti di interesse. Allo stesso tempo le comunicazioni via satellite sono importanti per la Smart Agriculture in tutti i contesti che prevedono forme di automazione e di robotica applicate ad esempio alla comunicazione macchina-macchina in aree in cui le reti terrestri convenzionali non sono adeguate o accessibili.

L’innovazione e la ricerca scientifica possono giovare molto al mondo delle piccole imprese agricole del meridione italiano, spingendo verso una nuova era di innovazione, occupazione e produzione delle nostre potenzialità agricole.

La serata è terminata con i saluti dell’assistente del Governatore, Costantino Fuiano e con le domande dei presenti.

 

Il critico d’arte Pietro Marino al Rotary di Molfetta ricorda i 50 anni dell’Accademia di Belle Arti di Bari

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Molfetta città di cultura, d’arte, di avanguardia, Molfetta e l’Accademia delle Belle Arti di Bari, un fil rouge. Vi è un legame tra la nostra città è l’Accademia delle Belle Arti di Bari. Nel cinquantesimo anniversario della sua fondazione, l’Accademia rivela la sua inossidabile giovinezza, innovazione, vivacità, le stesse che caratterizzano la città di Molfetta. E’ questo il leitmotiv della serata promossa dal Rotary Club di Molfetta in occasione della presentazione del libro “Diari dell’Arte Levante – Bari 1960-1980” (ed. Gangemi).I primi 20 anni dell’Accademia sono raccontati nel volume scritto da Pietro Marino, autore del libro, critico d’arte, giornalista e docente dell’Accademia, testimone della storia contemporanea, come afferma il dott. Felice de Sanctis, presidente del Rotary Club di Molfetta, che ha introdotto la serata, “un testimone che a novanta anni ha deciso di non andare ancora in pensione”.Critico, docente, Pietro Marino, continua Felice de Sanctis, ha la capacità di coniugare tradizione e innovazione. E non sarà un caso se come Pietro Marino, anche artisti come Gaetano Grillo, Michele Zaza, Salvatore Salvemini, Natale Addamiano, Franco Valente siano nati a Molfetta, città di grandi aspirazioni artistiche, alla realizzazione delle quali hanno contribuito Beniamino ed Elena Finocchiaro.

“Ero un giovane giornalista mentre Pietro Marino era vice direttore della Gazzetta del Mezzogiorno, entrambi accomunati dalla stessa immutata passione per questo affascinante mestiere”, dichiara il de Sanctis.

L’equiparazione dell’Accademia a facoltà universitaria, con la L. 508/99 ha segnato la svolta, potenziando l’attività di ricerca dell’Accademia, ha ricordato Giancarlo Chielli, attuale Direttore Accademia Belle Arti di Bari, e questo volume, continua, nasce come forte segnale su come deve agire un’istituzione nel campo della ricerca.

L’Accademia di Bari è punto di convergenza tra il territorio e le avanguardie culturali e Pietro Marino, secondo Gaetano Centrone, docente dell’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino, grazie ad una visione profonda e ampia, tesse una rete per costruire un tessuto culturale tra l’Accademia di Bari e la città di Molfetta.

Occorre essere spettatori non disinteressati e non distratti, dichiara l’autore del volume poiché tutta l’arte è sempre arte contemporanea, testimone cioè del proprio tempo.

Come un’opera concettuale, afferma Gaetano Centrone, la scrittura di Pietro Marino è segno, dice quello che occorre affermare con parole appropriate, con note di pura emozione nel racconto della nascita dell’Accademia.

Il prof. Pietro Marino, nel suo eloquio, conferma di non utilizzare eufemismi e ribadisce che è errato considerare l’arte come forma di intrattenimento. Il capoluogo per anni è stato considerato la Milano del Sud per la sua vivacità artistica ma la Pinacoteca provinciale “Corrado Giaquinto”, è priva di un direttore. Alla sua guida vi è un funzionario facente funzioni. Di chi è la colpa? Perché non investire in una struttura che ha ospitato mostre illustri?

Un volume storico che è anche autobiografia artistica di un maestro. La cultura è considerata da sempre un optional. La cultura non dà da mangiare diceva il ministro Tremonti che non rimase il solo ad affermarlo. Anche Barak Obama esortava a studiare materie economiche. Che ne sarà della nostra storia, dei nostri artisti? Uno sguardo disincantato ma non disilluso quello del maestro Marino, prospettico, propositivo mai nostalgico ma sempre proiettato alla diffusione della cultura artistica non come prerogativa di un’élite ma popolare, di massa, democratica, per tutti.

Perché l’arte è pane, è nutrimento.

Il Rotary Club di Molfetta ricorda i 100 anni del Milite Ignoto

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Da sempre l’uomo trae esperienze dal passato per comprendere meglio il presente. La storia recente può dare la possibilità di cogliere segni e somiglianze con eventi già accaduti. Lavorare sulla memoria significa estendere i confini e costruire sulla storia le basi del futuro. È necessario comprendere che – cercare nel passato la spiegazione e le radici quanto le cause remote o vicine dell’evoluzione e degli eventi di oggi – è l’unico strumento per tentare di orientarci e di comprendere quello che ci circonda. Solo così, non facendo cadere la memoria nel sonno perpetuo saremo come “nani sulle spalle dei giganti”.

I giganti sono le nostre storie passate, i nani siamo noi che – con la vista assai debole – possiamo con il loro aiuto andare al di là della memoria e dell’oblio. Ed è proprio per non dimenticare, che il Rotary Club di Molfetta ha organizzato presso Palato Bistrot una serata in memoria dell’anniversario dei 100 anni del Milite Ignoto.

Ad aprire la serata – come di consueto – è stato il presidente del Rotary Club di Molfetta, Felice de Sanctis che dopo i saluti di rito, ha introdotto l’argomento della tavola rotonda spiegando quanto onorare la ricorrenza del centenario della traslazione del Milite Ignoto nel Sacello dell’Altare della Patria significhi ricordare i caduti italiani di tutte le guerre nonché i 600mila soldati italiani morti durante la Prima Guerra Mondiale. Senz’altro una delle pagine più tristi della nostra storia, l’elaborazione di un lutto di massa come di massa è stata la morte. Ma anche una ricorrenza importante, simbolo dell’unità nazionale.

La parola è passata poi all’avv. Angelo Maria Gadaleta – socio del Club e delegato del Sacro e Militare Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro della Real Casa Savoia – che ha tenuto una vera e propria lectio sul tema. Raccontando aneddoti poco conosciuti ai più e con dovizia di particolari è riuscito a catalizzare l’attenzione massima dei presenti. Con sentita partecipazione ha spiegato come la tomba del Milite Ignoto rappresenti una tomba simbolica che contiene i resti di un militare morto in guerra e il cui corpo non è stato mai identificato. L’idea di onorare una salma sconosciuta risale in Italia al 1920 e fu sostenuta dal colonnello Giulio Douhet sulla scorta di analoghe iniziative già attuate in Francia e in altri Paesi coinvolti nel conflitto mondiale. Il relativo disegno di legge fu presentato alla Camera il 1921. Approvata la legge, il Ministero della guerra diede incarico ad una commissione che esplorò attentamente tutti i luoghi nei quali si era combattuto: dal Carso agli Altipiani e dalle foci del Piave al Montello. Furono raccolte undici salme, una sola delle quali sarebbe stata poi tumulata a Roma al Vittoriano.

In un primo tempo ebbero ricovero a Gorizia e poi vennero trasportate nella Basilica di Aquileia il 28 ottobre 1921. Qui si procedette alla scelta della salma destinata a rappresentare il sacrificio di seicentomila. La cura con cui venne scelto il soldato e il risalto dato alla cerimonia della sepoltura, testimoniano l’importanza attribuita al culto dei caduti alla fine del conflitto.

La scelta fu affidata a Maria Bergamas madre del volontario irredento Antonio Bergamas che aveva disertato dall’esercito austriaco per unirsi a quello italiano ed era caduto in combattimento senza che il suo corpo fosse ritrovato. Un momento struggente, di grande commozione mista al dolore della perdita subita. Il viaggio si compì sulla linea Aquileia – Venezia – Bologna – Firenze – Roma a velocità moderatissima in modo che presso ciascuna stazione la popolazione potesse avere il tempo di onorare il caduto simbolo.

La cerimonia ebbe il suo epilogo nella capitale. Tutte le rappresentanze dei combattenti, delle vedove e delle madri dei caduti con il Re in testa e le bandiere di tutti i reggimenti mossero incontro al Milite Ignoto che da un gruppo di decorati di medaglia d’oro fu portato a S. Maria degli Angeli. Il 4 novembre 1921 il Milite Ignoto venne tumulato nel sacello posto sull’Altare della Patria e gli fu concessa la medaglia d’oro con questa motivazione: “Degno figlio di una stirpe prode e di una millenaria civiltà, resistette inflessibile nelle trincee più contese, prodigò il suo coraggio nelle più cruente battaglie e cadde combattendo senz’altro premio sperare che la vittoria e la grandezza della patria”.

Le altre dieci salme rimaste ad Aquileia furono – al termine della cerimonia – tumulate nel cimitero di guerra che circonda il tempio romano.

A chiudere la serata – l’intervento dell’assistente del Governatore, Costantino Fuiano – che, sulla scia di chi lo ha preceduto, ha rimarcato l’importanza della celebrazione di un evento simbolo della nostra storia nazionale, perno che deve rimanere ben saldo nella memoria collettiva.

La conversazione sul Milite Ignoto è stata preceduta da una visita alla sede degli Eredi della Storia, con la guida del presidente Sergio Ragno, che ha illustrato ricordi, cimeli e testimonianze raccolte in una Mostra sulla Grande Guerra.

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