La gentilezza salverà il mondo?

Il 13 novembre si celebra la Giornata mondiale della Gentilezza, recepita in Italia dal 2000 diventando un appuntamento fisso. Il battesimo mondiale è avvenuto nel 1998 in Giappone e questa ricorrenza è osservata in molti Paesi, tra cui Australia, Canada, Nigeria, Emirati Arabi, Singapore, India e Italia appunto. E il movimento globale nato sulla Gentilezza punta al riconoscimento da parte delle Nazioni Unite.

Ma qual è il senso di una giornata mondiale? Certamente ricordarsi che esiste la gentilezza, ma non solo; è anche evidenziare tutto quanto ruota intorno ad essa e alle sue declinazioni più svariate nell’agire quotidiano del singolo e della comunità, per focalizzarsi sull’aspetto positivo delle nostre azioni.

La gentilezza è stata al centro di un evento del Rotary Putignano Trulli e Grotte intitolato “La gentilezza salverà il mondo?”, una serata voluta dalla Presidente Emma Guarnieri, che per l’anno rotariano ha voluto focalizzare l’attenzione sull’importanza delle varie sensibilità ed anche al valore dell’universo femminile, ancora purtroppo non adeguatamente considerato in vari ambiti. Per questo la serata è stata dedicata soprattutto alle donne, durante la quale, una donna, Emma Longo, già professoressa all’IISS Caramia Gigante di Alberobello, ha approfondito il tema con un garbo ed un approccio assolutamente in sintonia con la serata.

Ma cos’è la gentilezza? La relatrice ha esordito così “Il significato della parola “gentilezza”, dal latino “gens”, identifica il comportamento di chi appartiene a una nobile stirpe, … ancora è la caratteristica di chi (o di ciò che) è gentile. Nel dizionario dei sinonimi si trovano parole come “cortesia, garbo, dolcezza, amabilità, grazia, benevolenza, delicatezza, cordialità, cavalleria, galanteria, buona educazione, galateo, civiltà, etc….”

Ma non è solo questo; difatti, anche se anche molte di queste parole alludono al concetto, la gentilezza non corrisponde solo e soltanto alla buona educazione, alla buona creanza, alle buone maniere – afferma la relatrice – ma, come già affermato da Marco Aurelio, “La gentilezza è la delizia più grande dell’umanità”.

Questa è stata un’idea condivisa per molto tempo da altri scrittori/pensatori. Oggi invece la gentilezza viene percepita come rischiosa e, comunque, difficile da mettere in pratica, come è chiaramente emerso dal dibattito, molto coinvolgente, tenutosi durante ed al termine della relazione: “ma se è vero che essere gentili è rischioso, in quanto presuppone una marcata sensibilità nei confronti degli altri e, quindi, la capacità di identificarsi nei piaceri e nelle sofferenze altrui, è pur vero che la gentilezza è una delle cose più appaganti che la vita ci regala”, afferma ancora Emma Longo.
La relatrice cita inoltre David Hume, filosofo scozzese del ‘700, che diceva: “Rinunciare alla gentilezza arreca un danno al senso di benessere di ciascuno di noi perché ci priva di un piacere arricchente”.
L’approfondimento storico della gentilezza effettuato dalla relatrice ha accompagnato i partecipanti all’incontro nel ripercorrere la storia della gentilezza, ma anche dell’essere umano nella sua essenza nel corso dei tempi. Siamo quindi passati dalla “Filantropia” (Philantropia) cioè amore per l’umanità e “Caritas” cioè amore per il prossimo, ciò che, in epoca Vittoriana, si chiamava “Cuore aperto” cioè: “essere ben disposti verso gli altri”, all’individualismo di Thomas Hobbes, filosofo britannico del ‘600, descrive gli uomini come delle bestie egoiste che pensano soltanto al proprio benessere: “Homo homini lupus”- l’esistenza, cioè, è una guerra di tutti contro tutti.
Probabilmente oggi siamo diventati, in gran parte, sostenitori di Hobbes? Questa è la domanda che ha posto Emma Longo all’uditorio; infatti spesso, la gentilezza genera diffidenza sì da farci intravedere, in un gesto di generosità, moralismo e sentimentalismo.
La gentilezza oggi subisce troppi condizionamenti, la storia ci mostra innumerevoli espressioni relative al desiderio umano di stabilire un legame – vedi l’amicizia, gli insegnamenti cristiani sull’Amore, sulla Carità e anche le filosofie novecentesche del “Social Welfare”-; ma la stessa ci fa anche notare che la nostra capacità di prenderci cura degli altri, risulta spesso inibita da paure e rivalità, figlie di una società competitiva.
Oggi pare che la mancanza di generosità sia diventata il nostro comportamento abitudinario. Pensiamo spesso alla generosità, ma siamo incapaci di vivere una vita che ci ispiri ad essa. Siamo molto ambivalenti rispetto alla gentilezze, sentiamo la sua mancanza, ma facciamo resistenza nei confronti dei nostri impulsi generosi.
Jean Jacques Rousseau diceva che prendersi cura degli altri ci rende pienamente umani e il suo “Emile” descrive la generosità come un’estensione dell’”Amour de soi” (amore naturale per sé stessi); infatti solo il bambino che si prende cura di sé stesso e che gioisce del sentirsi vivo “cercherà di estendere questo suo modo di essere e queste sue gioie” agli altri.
Anche il mondo del lavoro degli ultimi decenni ha vissuto momenti dove l’individualismo e la competizione la facevano da padrone, pochi sono stati i Manager illuminati e tra questi, la Longo ha citato, Satya Nadella, diventato CEO (Amministratore Delegato) della Microsoft nel 2014, che ne ribaltò la cultura, introducendo una nuova mentalità basata sul miglioramento continuo e sul vedere i problemi come opportunità (growth mindset – mentalità di crescita) e sulla gentilezza; ma per fortuna ce ne sono molti altri che hanno compreso come la gentilezza sia una forza eccezionale, in grado di aggregare, di stimolare le reazioni positive, riuscendo così ad avere il meglio da ognuno rendendolo anche felice.

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