AL ROTARY DI PUTIGNANO L’”AGGIUSTA CANTERE RUTTE (ROTT)”

AL ROTARY L’AGGIUSTA CANTERE RUTTE (ROTT)
Spensierato, divertente, emozionante. Tre aggettivi per dare una idea dell’incontro culturale che il Rotary club di Putignano trulli e grotte, nell’ambito del tema dell’anno “Valorizzazione delle tradizioni e sviluppo sostenibile” ha organizzato e svolto venerdi scorso, 4 novembre, presso l’Agriturismo Pedone. Il presidente del Rotary, Francesco Mercieri, ha presentato ed illustrato un altro mestiere, ormai definitivamente scomparso nei nostri paesi, quello di l’“aggiusta cantr rott o rutte”. Fino agli anni cinquanta tantissimi erano i recipienti di creta o di terra cotta, in uso nelle nostre famiglie, per contenere olio, vino, acqua, cibo vario ed anche per lavare i panni, le stoviglie…qualche volta piccoli capolavori, eseguiti con grazia, tramandati di generazione in generazione. “A capasedde”: “u capasone”; “a cantaredde”; “u ciccenate”; “u prise”; “a tiedde”; “a pignate”; “u pignatidde”; “a coppe e a coppetedde”; “u piatte”… Qualche volta, disgraziatamente, essi si rompevano. Quando accadeva ciò, si assisteva ad una specie di tragicommedia in famiglia che finiva “con il caricare di santa ragione il colpevole” per essere stato maldestro o disattento. Colui che “metteva a posto”, aggiustava, questi oggetti, era “l’aggiusta cantr rutte o rott”. Egli, fino agli anni cinquanta, nei nostri paesi passava ogni giorno per le strade e gli incroci lanciando il suo “grido formidabile e solenne”: “Aggiustame u caaaaaaaaaataridde rutte!”. Questo personaggio, ha ricordato Mercieri, portava con sé, a tracolla, una cassetta nella quale c’erano un trapano a corda, adatto per la creta, pinze, fili di ferro, il cemento, un barattolo, un piccolo cucchiaio da muratore, il “triangolo” per affilare il trapano, il martello ed altro. Non sempre si poteva aggiustare l’oggetto rotto, specie se in più pezzi o sgretolato. In caso positivo, egli si sedeva per terra e con lentezza e maestria, eseguiva il suo lavoro sotto lo sguardo dei curiosi. Con il trapano a corda faceva dei buchi a destra ed a sinistra “da spaccazze”; vi faceva passare del filo di ferro i cui capi li attorcigliava e li stringeva con una tenaglia. Quindi coagulava in un barattolo acqua e cemento e con il cucchiaio spalmava il tutto tra i punti e la fessura. In alcuni giorni, hanno riferito i più anziani, egli guadagnava molto; in altri meno o niente. Con il passare del tempo questo mestiere è scomparso, soprattutto con l’avvento gigantesco della plastica che ha sostituito tutto. Prima, ha ricordato ancora il presidente Mercieri, la cui economia era di tipo “circolare” e molto più sostenibile, la semplice riparazione di un piatto che poteva essere usato ancora per molti anni, per il prezzo che l’artigiano richiedeva, era sempre meno costosa che comprarne uno nuovo. Durante la serata il sig Francesco Mastrangelo, ultrasettantenne di Putignano e coltivatore diretto, con la passione di riparare capasoni, vasi e piatti di terra cotta, ha effettuato una dimostrazione di come prima, si riparava un oggetto rotto, con tanto di trapano originale a corda, tra “l’amarcord” dei meno giovani e la grande curiosità dei più giovani. “L’oggetto riparato – egli ha assicurato – durava poi di più perché si faceva più attenzione a non romperlo di nuovo”. Mentre fuori lampeggiava paurosamente, tuonava e pioveva a dirotto, il sig. Angelo Salatino, ultraottantenne di Noci, appassionato suonatore di fisarmonica, ha accompagnato tutto l’incontro con musiche e canti di una tradizione antica.
Pietro Gonnella

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