IL ROTARY CLUB PUTIGNANO ALLA RISCOPERTA DEGLI ANTICHI MESTIERI E AL MUSEO DEL CARNEVALE

IL ROTARY ALLA RISCOPERTA DEGLI ANTICHI MESTIERI ED AL MUSEO DEL CARNEVALE
Alla riscoperta degli antichi mestieri. Dopo il riparatore dei “canteri rotti” e degli ombrelli, della produzione della “faldacchea” a Turi, della macellazione della carne nei macelli comunali il Rotary, la scorsa settimana, guidato dal prof. Pietro Sisto, ha visitato, rigorosamente nel centro storico, molto apprezzato per l’occasione, l’antica bottega dell’unico coriandolaio, Vincenzo Lombardi. Ex lavoratore, per più di un ventennio, della produzione di calzature; quando tutto il settore è entrato in crisi negli anni Settanta per l’avvento della gomma, egli si è reinventato un lavoro. Con una fustella ed un martello, incoraggiato dalla nuova abitudine di lanciare coriandoli di carta al carnevale di Putignano, ha cominciato a fare coriandoli ad uno ad uno (per “scemitudine” egli ha detto), con una pazienza certosina fuori del comune. Poi ha acquistato una macchina usata e da allora ha cominciato a produrre coriandoli per rivenderli ai turisti, per rifornire i carristi, i rivenditori di bancarelle e le manifestazioni carnevalesche di tutta la Puglia ed anche a Napoli. Muoversi nel sottano, laboratorio ma anche ex sua abitazione, non è stato facile. Tutte le pareti sono tappezzate da foto ed articoli che testimoniano la sua storia e quella dell’Italia, dagli anni Sessanta ad oggi. Ma anche scaffali stracolmi di cataloghi di agenzie viaggi, di quotidiani, di riviste, di vecchie cartelline… Egli ha preso un martello ed ha cominciato a picchiare, cadenzato, sulla fustella. Meraviglia… i coriandoli cadono ad uno ad uno (“Per fare una busta occorreva una giornata e mezza?”, ha osservato un socio. Poi ha acceso la famosa macchina, dalle dimensioni di un vecchio computer e via… con un rumore martellante, ora più velocemente, escono tondini di carta che, successivamente passati al setaccio per eliminare la polvere e mischiati con altri di diverso colore, vengono deposti in busta, pronti per… essere lanciati! Cosa che ha fatto il presidente, ing. Francesco Mercieri (che di Putignano non è) che, assai divertito, ha “imbiancato” le signore ed i soci. Quindi ci si è spostato di un centinaio di metri ed in una stretta stradina di pietra, vicini alla Chiesa di San Pietro, ecco la bottega del “seggiolaio”, riparatore di sedie. Ci accoglie Giacomo ed il padre Elia Impedovo che, dagli anni Sessanta, riparano sedie di tutti i tipi. Anche qui lo spazio è angusto e, stretti tra enormi rotoli di fili di paglia, di grandi barattoli di colla, tra presse e banchi pieni di attrezzi vari e tra sedie rotte ed in riparazione, ascoltiamo la storia di questi mirabili artigiani che ci danno una dimostrazione del loro lavoro: con pazienza e mano ferma, si intrecciano, filo per filo, paglia di Vienna, canna d’India, bambù, paglia prestampata con buchi, carta pressata. Ci dicono che occorrono molte ore per impagliare un fondo di “seggiola” ma che, alla fine, la soddisfazione di aver recuperato una sedia, a volte antica, vince la fatica e la stanchezza degli occhi. Pochi passi, il tempo di ammirare la maestosa facciata della Chiesa Madre di San Pietro, il prezioso rosone, il portale a sesto acuto con lo stemma pontificio (la tiara con due chiavi incrociate) ed i portalini, tutti oggetto di restauro ad opera del Rotary negli anni 2001 e 2002 (presidenti il dott. Giuseppe Crupi ed il compianto Pinuccio Vinella), ed eccoci davanti al palazzo del principe Romanazzi Carducci che, recuperato a nuova vita, oggi accoglie anche il “museo del carnevale e della cartapesta”. Prima della visita, il presidente ing Francesco Mercieri, ha osservato, compiaciuto, come il Rotary si porti anche nella comunità, obiettivo del suo anno di servizio; come anche la valorizzazione delle antiche tradizioni che “contengono molte buone pratiche cui dovremmo ispirarci per progettare il nostro futuro”. Il prof. Pietro Sisto, ha dato qualche notizia sull’artigianato tradizionale della cittadina. Egli ha riportato lo studio di Vitangelo Morea che, nel 1832, scrisse la “Statistica della città di Putignano”. Secondo lo studioso, dagli inizi dell’ottocento, “la cittadina ha cominciato a distinguersi in tutta la provincia, per l’industria, l’attività, la vivacità e l’ingegno degli abitanti e che si fa desiderare per agricoltura e per arti meccaniche e di mestieri. Le donzelle del comune sono richieste dal vicinato per la loro bellezza e per la loro morale ed economia domestica”. La vita industriosa e commerciale degli artigiani ha fatto attribuire loro il titolo di “olandesi in Puglia”. Egli riporta l’esistenza di una cereria, “accreditatissima per la schiettezza e precisione dei lavori”; la diffusione, nelle campagne, dell’allevamento delle api; la presenza di quattro tintorie che dipingono ogni colore su lana, lino, canapa e cotone; di cinque trappeti, frantoi e la produzione di scarpe, di forbici per la potatura, di coltelli, anche a serramanico. Il grande sviluppo di Putignano – ha continuato il prof. Sisto – si è avuto nei primi del Novecento con le fabbriche di Nardone, di Contegiacomo, di Serio e di Mummolo e poi, dagli anni Cinquanta, con la confezione degli abiti da sposa ad opera delle sorelle Luisi, che danno il via a quest’altro settore. “La bottega dell’impagliatore di sedie e quella della produzione dei coriandoli sono il simbolo di questo patrimonio di manualità di creatività che andrebbe tutelato meglio” secondo il prof. Sisto. “La grandezza del carnevale di Putignano e dei suoi carri non potrebbe esistere senza questa tradizione artigianale, senza la straordinaria capacità di lavorare il legno, il ferro, la carta…”. Il primo carro allegorico fu realizzato nel 1936 in concomitanza con la conquista dell’impero di Etiopia da parte di Mussolini. Realizzato proprio da due artigiani che lavoravano e riparavano sedie di Vienna. L’utilizzo dei coriandoli – ha informato il prof. Sisto – deriva dal lancio, in antichità, a carnevale, di ogni cosa, anche disdicevole e di cattivo gusto; poi si diffuse il lancio di confetti, nel cui interno c’era il seme molto profumato del coriandolo. Poiché il lancio violento, anche di confetti, poteva essere pericoloso, nacquero i coriandoli di carta che ottemperavano alle nuove norme sanitarie. Il Museo del carnevale, nasce finalmente dopo varie vicissitudini, preceduto dall’ esperienza di un museo “diffuso”. Il prof. Sisto ha ricordato come il Rotary, alcuni anni fa, presidente il dott. Vito Fanelli, ha dato un notevole contributo per la realizzazione di questo museo che, infine, è diventato stanziale e permanente, nella degnissima sede del Palazzo del Principe. Direttore non poteva non essere incaricato proprio il prof. Pietro Sisto che tanto si era speso in passato e che ha messo a disposizione tante foto e tanti documenti e testimonianze. Sulla parete scorrono le immagini storiche del periodo artigianale ed industriale della cittadina, realizzate dallo stesso prof. Sisto e dal compianto prof. Giuseppe Dambruoso. Quindi la visita del museo, nato dalla collaborazione tra Comune, Fondazione di carnevale e Centro di ricerca e studi su maschera e satira. Il carnevale di Putignano è qui, con carri in miniatura, pupi, grandi fotografie, antichi bandi e manifesti d’epoca. Nelle bacheche, domande di partecipazione degli anni Quaranta, vecchi articoli della Gazzetta del Mezzogiorno. I documenti forse più interessanti sono quelli del periodo del fascismo: una fotografia dell’elefante realizzato dai fratelli impagliatori Pugliese che, con una rete da pollaio, realizzarono la sagoma del grande animale nel cui interno c’erano dei bambini che soffiavano i coriandoli per farli uscire dalla proboscide; esso celebrava la nascita dell’impero di Mussolini in Etiopia. Ancora una foto della rappresentazione della raccolta dell’oro per la patria. Dunque il carnevale, da festa di contestazione e di polemica nei confronti del potere si era trasformato a strumento di propaganda del potere stesso. Immagini anche della “festa della candelora o dell’orso”; dell’ “Accademia delle corna”; dei riti del “giovedì”; della “estrema unzione del carnevale”. Manufatti di Armando Genco, il più grande maestro cartapestaio degli anni Sessanta e Settanta, come il “cacciatore”. Ancora, “lasciapassare” per coloro che abitavano sul corso, a causa della chiusura del percorso. Pannelli usati per le propaggini. Tante miniature di carri effettuate da chi vince il primo premio. C’è anche il Farinella del 1953 del grafico Mimmo Castellano. Anche il Farinella realizzato da Armando Genco che vinse un apposito concorso bandito dal Comitato negli anni Settanta: un contadino con un sacchetto di farinella, con in testa gli attributi maschili. Non poteva mancare un’immagine di “U baresìdd”, uno dei più grandi interpreti del nostro carnevale che, per anni, fino alla sua morte, si è vestito da vecchia con una rocca ed il fuso per dire ai presenti “ricordatevi che dovete morire”. Infine, il laboratorio della cartapesta con stampi, colla, carta ed arnesi. Alla fine in tutti interesse, fascino,stupore, sorpresa.
Pietro Gonnella

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