Uno dei principali progetti distrettuali di quest’anno rotariano riguarda il miglioramento delle condizioni di vita e la riqualificazione sociale dei carcerati.
In quest’ottica il 3 dicembre si è svolto a Corato un incontro dal titolo “Oltre le sbarre” organizzato dal Rotary Club Corato in interclub con i Rotary di Bisceglie, Bitonto Terre dell’Olio e Molfetta, con l’obiettivo di comprendere la complessità della realtà carceraria e le iniziative che costantemente gli operatori mettono in atto per far diventare il carcere un luogo non di prigionia, bensì di recupero di chi ha commesso un reato.
L’incontro si è svolto presso il salone parrocchiale della chiesa del Sacro Cuore di Corato, in quanto il parroco, don Vito Martinelli, inizierà a breve un progetto nel carcere di Turi dal titolo “Liberi tra le pagine” ed inoltre la chiesa sorge in un quartiere con un alto tasso di microcriminalità. Ed infatti è risultata molto intensa la testimonianza di una parrocchiana, Daniela Manzitti, madre coraggio che ha fatto arrestare il figlio pur di sottrarlo dalle mani della criminalità.
Sotto la direzione della giornalista Micaela Ferrara e dopo l’introduzione del presidente del Rotary Club Corato Antonio Papagni che ha evidenziato l’impegno rotariano verso queste problematiche, si sono succeduti gli ospiti della serata, il prof. Claudio Sarzotti, docente di filosofia del diritto dell’Università di Torino ed esperto di diritto penitenziario, il direttore del carcere di Trani Giuseppe Altomare e Tommaso Minervini, sindaco di Molfetta, educatore professionale specializzato ed esperto di giustizia ripartiva.
«Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato». A dirlo è l’articolo 27 della Costituzione Italiana che nel suo terzo comma specifica il senso del carcere come luogo non di prigionia, bensì di recupero di chi ha commesso un reato. Proprio partendo dall’enunciato costituzionale il prof. Claudio Sarzotti ha fatto luce su uno dei principali fondamenti del nostro ordinamento penale che costituisce, inoltre, l’espressione di una delle basilari funzioni della pena. Il prof. Sarzotti ha parlato di pregi e difetti della legge 354 del 1975 osservando amaramente come, dati statistici alla mano, oltre il 70% dei carcerati torna in carcere entro 3 anni dall’uscita. Questo da un lato significa che la maggior parte degli sforzi compiuti dagli operatori risultano vani, dall’altro spinge ancora di più ad impegnarsi per risolvere i problemi. Bellissima in proposito l’iniziativa di portare le lezioni di alcuni corsi di giurisprudenza direttamente nel carcere di Torino perché la cultura è l’arma principale per combattere la criminalità.
Successivamente ha parlato Tommaso Minervini, attuale sindaco di Molfetta ma con alle spalle oltre 40 anni nei carceri pugliesi come operatore professionista. Il sindaco ha raccontato l’approccio che deve avere l’operatore che deve confrontarsi con tante persone, ognuno con la sua peculiarità, perché solo un approccio diretto può sortire effetti benefici sui detenuti.
Infine il dott. Altomare, direttore della casa circondariale di Trani, ha spiegato delle innumerevoli complessità che ogni giorno deve affrontare, dalla cronica carenza di posti, alla difficoltà di aprire un nuovo stabile (già ultimato), alla necessità di personale medico e paramedico (sopratutto psicologi). Alla fine ha confermato l’utilità delle numerose associazioni che operano nel carcere per offrire ai detenuti un’alternativa di vita al di fuori.
A questi interventi si è succeduto quello di Marina Mastromauro, amministratore delegato del Pastificio Granoro, che ha parlato del suo progetto “Ripartiamo dalla pasta” svolto nel carcere femminile di Trani che ha prodotto importanti risultati e cercato di offrire professionalità ai detenuti. Infine un messaggio video di Giancarlo Visitilli che con la sua associazione “I bambini di Truffaut” si occupa dei figli delle detenute.
Pierluigi Amodio